giovedì 28 agosto 2008

Perfect days


Una giornata soleggiata, delle persone cui vuoi bene, una evento imprevedibile che ti sorprende, una località da favola. Sono tanti i motivi che trasformano una bella giornata in una giornata perfetta. Questi sono alcuni dei miei giorni perfetti irlandesi.
  • Persi nelle isole Aran
La ricetta è semplice. Metti un blogger irlandiano. Poi un amico italiano con cui hai condiviso le gioie (poche) e i dolori (molti) della convivenza con dei francesi, un amico di quelli veri, disponibile a darti le chiavi della sua casa di Galway per portarci la ragazza che corteggi o che quando hai problemi con un esame si propone di fare oltre 200 kilometri per venirti ad aiutare a casa tua. E poi un irlandese gentile e generoso, di quelli che vuole farti da guida anche se è la prima volta che passa da quelle parti e che non si stanca mai di offrire il successivo giro di pinte, anche se l’ultimo lo ha offerto lui. Prendi una bank holiday primaverile con un sole caldissimo come in Irlanda non si vedeva da anni. Poi ovviamente le incantate e misteriose isole Aran con i loro labirintici sentieri di terra che serpeggiano tra i piccoli campi separati da una rete di muretti di pietra. Metti l’imprevisto, cioè salire sulla barca sbagliata e invece che sbarcare a Inisheer finire a Inishmaam. E però gustarti l’isola e compiacerti dell’errore. Incontrare stralunati animali da fattoria e irlandesi coraggiosi che si fanno il bagno nel freddo oceano. Trovarsi sulla scogliera rocciosa a picco sul mare tumultuoso dove dalle pareti a strapiombo alte oltre 100 metri compaiono arcobaleni all’improvviso. Fermarsi a mangiare sopra le rocce calcaree salamelle toscane. Poi perdersi e decidere di fare il perimetro dell’isola nella speranza di ritrovare il porticciolo. Commuoversi per il cimitero dei marinai, cioè una distesa di fronte al mare di piccoli cumuli di pietra in ricordo dei naufraghi. Farsi travolgere dalle onde oceaniche. Bersi una birra e prendere al volo l’ultimo traghetto in partenza. Mischiate bene e uscirà una giornata perfetta.
  • Il treno per Sligo
Mi piace la visione laterale della vita che offre il treno. Nessun altro mezzo di trasporto mi permette così meravigliosamente di incontrare me stesso, gli altri e il mondo che mi circonda. I primi mesi in Irlanda mi capitava spesso di prendere un return ticket da Dublino per mete distanti. Lo ho fatto fino a percorrere tutta la corta e costosa rete ferroviaria irlandese. Il day return ticket per Sligo rientra nella categoria “giorni perfetti”.
Il treno parte dalla Connelly Station
alle 11.05 di una morbida mattina domenicale. Mi siedo su una poltrona vicino al finestrino. Al mio fianco e nelle due poltrone di fronte a me oltre al tavolino non c’è nessuno. Aspetto con curiosità di sapere con chi dovrò passare le oltre tre ore di viaggio. Poco dopo arrivano tre grosse signore con tre grossissime borse. E cominciano a parlare con me come se fossi il loro nipotino. Età media 70 anni. La babbiona uno mi chiama “love”, la babbiona due “son” e la babbiona tre “honey”. Io sono a fianco alla babbiona due (“son”) e alla sua mano affetta da Parkinson. Subito dopo la partenza del treno il panico. La babbiona tre (“honey”) mi chiede di accompagnarla in bagno. Sarà la mia imbranataggine simile a Ciccio/Verdone sarà la somiglianza della babbiona tre con Sora Lella ma mi vedo in una scena di “Bianco, rosso e Verdone”. Per fortuna l’accompagnamento è solo fino al bagno. E non dentro. Dopo pochi minuti le simpatiche vecchiette in libera uscita tirano fuori dalle borse caramelle ma soprattutto lattine di Guinness e bottiglie di Miller. In poche ore se ne scolano 2/3 litri a testa e a me tocca fare compagnia. Alla fine dopo due Miller mattutine semidigiuno arrivo a Sligo brillo e poco interessato a visitare la poco interessante cittadina.
Prendo il treno per il ritorno nel tardo pomeriggio. Il treno non è pieno come all’andata e ci sono molti posti liberi, ma mi siedo di fronte a una ragazza alta dai lunghi capelli neri. A differenza del viaggio di andata, in cui ho dovuto raccontare la storia della mia vita e sorbirmi la storia della vita dei nipoti delle babbione, al ritorno il viaggio è silenzioso. Almeno fino a Dromod, quando la ragazza dai lunghi capelli neri mi chiede una penna. Io spengo il mio lettore MP3 offro la penna e chiedo cosa legge. Lei mi mostra un libro sulle arti figurative celtiche e fino a Dublino non si parla altro che di arte antica, bioarchiettura e urbanistica, argomenti di cui io possiedo una capacità argomentativa di pochi minuti. Non riuscendo a spostare la conversazione su altri temi cerco goffamente di barcamenarmi. Dopo alcune ora so solo che la ragazza è pare spagnola, parrebbe una insegnante di arte e forse deve stare un anno a Dublino. Eppure nonostante la monotonia della conversazione, gli sguardi sono di complicità e interesse. Arriviamo alla Dublin Connolly Station.

Lascio la mia e-mail su un foglietto e parlo alla ragazza dai lunghi capelli neri della Saturday International Dinner che organizzo la settimana successiva. La spagnola mi lancia un vago "ok" e infila il mio bigliettino distrattamente in tasca. Dopo pochi giorni ricevo un messaggio un cui mi chiede l’indirizzo della casa. Ci raggiunge dopo cena con una bottiglia di prosecco giusto in tempo per la sacher torte di Zyta. Scoprirò così che in realtà non è spagnola, ma basca e che non è una insegnante di arte ma una architetta. Anzi un architetto. L’architetto: un'ottima ragione per rimanere in Irlanda quando era qui; un ottima ragione per iniziare nuovi percorsi ora che lei non c'è più.


Pic: Inishmaam, Aran Islands

Song: Lou Reed – Perfect Day
Link: www.visitaranislands.com

lunedì 11 agosto 2008

Una calamità ritmica


Be’, cari miei, dovrei esserci abituato! Una cosa periodica! Un avvenimento ciclico! Un terremoto ricorrente! Di più! Un disastro stagionale! Una calamità ritmica! Dieci anni che non riesco dal trip. Un odissea! Un labirinto! E sempre lì che ti aspetta al varco! Un appuntamento immancabile! Non faccio in tempo a fare un progetto che casco lì! La casa! La casa! Voglio una casa! L’ho detto! Un flusso ricorrente! Puntuale come una maledizione! Accidenti!
Esco dal Liceo, ho diciannove anni. Vado all’università. Quella di Cagliari. La casa è mia, ma è gigantesca e per pagare mutuo e spese si affitta ad altri studenti. I senzatetto studenti mi invidiano. Eh, la stanza ce l’ho, ma devo gestire una casa da buon albergatore. Arriva di tutto: compari sbruffoni, paranoici che minacciano di bruciarmi la cucina, allergici alla pulizia, amici sinceri, ragazze che si portano un tipo diverso ogni sera, ladri che mi rubano racchetta da tennis e l’anello in corniola di mio nonno, accaniti giocatori notturni di Risiko, ingegneri dal cuore infranto e fancazzisti da un esame all’anno. Sette anni che sono un cancan che non vi immaginereste. Ogni anno facce nuove. Amici di amici di compagni di compaesani dei cugini.
Mi laureo e vado a specializzarmi a Roma. Sette mesi a Monte Sacro. Camera matrimoniale con prezzi dublinesi in appartamento condiviso con una torinese collega di corso e una coppia di coreani cantanti lirici che ogni giorno cucinano speziato. E poi un anno in Albania con le Nazioni Unite. Una casa di tre piani con quattro bagni tutta per me a Scutari. Cento dollari al mese, ma acqua e luce solo tre ore al giorno e coprifuoco dopo le nove. Poi i miei viaggi di solidarietà in Costa Rica nei residence a cinque stelle, in Marocco nella casa del sindaco, in Montenegro in albergo con Jacuzzi. Il mio volontariato e i miei campi di lavoro in Turchia, Svizzera, Italia, Albania, Tunisia, Moldova, Olanda, Repubblica Ceca dove, con il mio sacco a pelo, dormo per terra a fianco di insetti e una dozzina di volontari su ruvidi pavimenti di scuole, casermoni o stalle. Ma anche il mio lavoro ecoturistico nel Devon, dove condivido per sette mesi una decadente british house con tre spagnoli.
E poi la mia permanenza negli ecovillaggi. Tra gli spirituali a Findhorn in Scozia, tra i permacultori nell’Oxfordshire, tra gli ecumenici a Milton Keynes, tra i buddhisti a Kendal nella Cumbria. Dove i valori sono olismo, inclusività e armonia e non posso neanche andare a pisciare senza condividere la cosa con la comunità. E poi i mesi sulla Riverside Drive nel West Village di New York. Viaggio tanto, ma ho sempre la mia casa di 250 metri quadrati nel quartiere Vecchio Mulino di Cagliari. E la mia Itaca, la mia salvezza di una vecchiaia senza pensione. Ma poi la mia ragazza, forse stanca dei miei viaggi, mi spezza il cuore e mi porta via l’anima e di quella casa di gioie e dolori non voglio più saperne nulla e la vendo ad un prezzo ridicolo. Via da Cagliari, via! Inscatolo i miei libri e i miei CD e via. Sono homeless.
Finalmente Milano. La mia amata Milano! Un anno in bilocale nel quartiere Assietta. Ogni giorno treno delle Nord per Cadorna, ma finalmente solo! Doccia alle tre di mattina e divano letto per gli ospiti. Ma poi ci ricasco. Mi innamoro e lascio il mio spazioso bilocale per un sottotetto in via Canonica da dividere in due. Accogliente, centrale e romantico ma troppo stretto per due.
Poi l’Irlanda. La casa dei mille post-it con i francesi puzzoni e finalmente Winter Garden con Pippa e Johana, dove la sera si sorseggia vino, si abbassano le luci e si ascolta jazz. Ma le ragazze vanno via a fine mese e rent e bills sono troppo alti per pagarli da solo. Devo cambiare casa. Ora sono a Londra ho fatto qualche interviews e visto qualche appartamento. Visto che la crisi economica irlandese ha colpito la mia piccola azienda e la mia attuale casa è troppo costosa forse è il momento di rimettersi in gioco e di intraprendere nuovi percorsi e cercare nuove case. Dopo le interviews del mattino appuntamento oggi alle quattordici davanti a una casa in affitto a Paddington, bel quartiere tra l’Hyde e il Regent’s Park. Vado a vedere. Una coda. Una strafila! Che è? Il pane gratis? L’assalto ai forni! Di più, di più! Una casa in affitto. Diciotto persone. Anzi di più. Una cosa terribile. Studenti. Sposini. Marocchini. Pakistani. Pensionati. Ragazze madri.
La casa! La casa! Monoletto o sottotetto! Bilocale o cantinale! Mansardato o cascinale! Un flusso periodico! Un mal di pancia! Un annuncio. Due annunci. Referenziatissimo. Dici: trovo un lavoro. Una brava ragazza. Faccio la persona onesta. Dici. E la casa? Be’ mica storia da niente. Una storia senza fine. Un terremoto ricorrente. Se trovo un lavoro più sicuro e al riparo dalla recessione irlandese e magari qualche nuovo coinquilino per la mia costosa casa rinuncio alle offerte di lavoro londinesi e rimango a Winter Garden. Rimanere! Rimanere? Nella mia amata Dublino da double room minuscole a euro 800 e bilocali in cartone a euro 1600.


Pic: Paddington Houses, London

Song: Indigo Girls - Make This House A Home
Link: www.daft.ie/32932