tag:blogger.com,1999:blog-74380520364696417462024-03-05T16:23:04.305+00:00utopie irlandesiquesto non è un blog, è letteraturautopiehttp://www.blogger.com/profile/07862578441109536849noreply@blogger.comBlogger88125tag:blogger.com,1999:blog-7438052036469641746.post-14928597150654485012009-11-23T23:18:00.019+00:002013-03-04T11:23:36.756+00:00Solo la storia di un pezzo della mia vita<div style="text-align: center;">
<object height="344" width="425"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/XiG44iWf5Tw&hl=it_IT&fs=1&"><param name="allowFullScreen" value="true"><param name="allowscriptaccess" value="always"><embed src="http://www.youtube.com/v/XiG44iWf5Tw&hl=it_IT&fs=1&" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" height="344" width="425"></embed></object></div>
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<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Sono partito perché mi sentivo un essere che nascondeva dentro di se una perdita, una scomparsa nella quale si rispecchiava il mio personale annientamento. Volevo vivere, essere in mezzo ad altri, ma come in un letargo invisibile. Comunque sono partito, di notte, in aereo, verso il Nord.</span><br />
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<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Sono passati 32 mesi dal mio arrivo a Dublino. Esattamente 12 mesi dal mio ultimo post. E arrivata forse il tempo di fare il punto della situazione e di spiegare come è andata a finire. Ma prima un avviso ai naviganti. Potrà sembrare strano quel che scrivo, ma mi sembra un atto dovuto. Da quando ho dato una svolta intimistica e emotiva al blog ho ricevuto molti contatti dai lettori, alcuni trasformati in amicizie, alcuni in qualcosa di più. Molti hanno continuato a scrivermi anche dopo aver sospeso il blog nell'ultimo anno. Devo dirvelo, perciò: non sono così. Vi ringrazio per avermi attribuito la sensibilità, la tenerezza, l'ironia e tutto il resto. Le mie sono parole. Scrivere è un mestiere facile: scegliere la cosa giusta non costa fatica. Vivere è un'altra storia, piena di errori. Non sto dicendo che quello che vi ho raccontato è frutto di fantasia; i luoghi, le persone, le emozioni che ho descritto sono reali. Quello che cambia tra la mia vita reale e il mio blog è quello che non ho raccontato. Chiunque mi venga a cercare avendomi letto fa una passeggiata verso la disillusione. Per questo rispondo volentieri alle email dei lettori di utopie irlandesi ma non amo incontrare di persona nessuno, frequento soltanto chi non ha mai cliccato su questo blog, ma si è iscritto altrove. Ci vuole poco a coniare una frase che apra il cuore. E' fare qualcosa il vero problema.</span><br />
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<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Che è successo l’ultimo anno? Sono sempre a Dublino, sono sempre nella mia casa nella Old Distillery di Smithfield con i suoi soffitti a volte e i suoi muri in pietra. Ho passato la “probation period” e sono sempre online marketing manager di una azienda irlandese. Ho continuato i miei viaggi in Irlanda e ormai ho visitato tutte le 32 conteee irlandesi meno una. Ho continuato a fare i “viaggi overseas”: negli occidentali paesi dell’est, nella accogliente penisola iberica e nella steppa russa e nelle montagne mongole lunga la transiberiana alla ricerca di sciamani. Ho continuato a scrivere e ho trovato un piccolo e temerario editore interessato pubblicare le parole che in parte ho scritto in questo blog. Ho fatto corsi di teatro con terrificanti monologhi finali in inglese. Ho imparato a giocare a golf e a fare l'Irish Stew. Ho frequentato corsi di chakra yoga e fatto deliranti sessioni di tribal dance. Mi sono comprato una vecchia Vespa e adoro sentire l’odore del mare percorrendo la Dublin Bay. Continuo ad amare Dublino, l’Irlanda e gli irlandesi.</span><br />
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<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Quali altre novità? Una dolce ragazza irlandese che tenta inutilmente di insegnarmi l'inglese e il gaelico, una fattoria biologica che con alcuni amici vorrei trasformare in ecovillaggio, alcuni amori vitali e tormentati e un mondo intorno a me che continua a cambiare. Non solo negli amici che continuano a lasciare l’Irlanda, ma nel clima generale del paese. A volte mi sento come un passeggero che balla sul ponte mentre la nave affonda sperando che l'imbarcazione non vada a picco troppo presto. Non è questo il luogo adatto per parlare del tracollo dell’economia irlandese. Segnalo solo due dati personali. Crisi economica e disoccupazione. Nella mia azienda quando sono stato assunto io c’erano 32 dipendenti ora siamo rimasti in 27. Nessuno dei 6 licenziati ha trovato lavoro nell'ultimo anno. Crollo dei prezzi. Il precedente inquilino del mio appartamento pagava 1.150 euro al mese, io ho pagato 950 euro per un anno, con il recente rinnovo contrattuale ora ne pago 800.</span><br />
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<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Sono tempi difficili. Non solo per l'economia irlandese. Da qualche mese l’insonnia mi colpisce sempre più spesso, non una o due volte alla settimana, ma anche quattro, cinque volte. Che cosa devo fare quando questo accade? Io faccio lunghe passeggiate aspettando l'alba. Non c’è una persona che penso possa capirmi abbastanza per disturbarla con una chiamata. Eppoi cosa dovrei dirle? È una questione di silenzi, non di parole. Ma poi torno a casa e a volte la trovo che mi aspetta preoccupata seduta sul mio letto. Allora senza parlare preparo due cappuccini. Accarezzo la sua mano posata sulla mia, e ne vedo l'immagine riflessa, dalle prime luci dell’alba, nelle cups in ceramica. Siamo stanchi, ma mi sento in quei momenti con tutta l'approssimazione umana del termine, felice. Sento che tra le mie ansie esistenziali, esiste un punto di riferimento e che posso fidarmi di quello. Poi lei mi dice alcune parole che non comprendo e capisco che è tutta una illusione. Che alcune differenze non è facile ignorarle.</span><br />
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<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Che altro? Vivo, m'innamoro, spero. E anche se capisco che il risultato della mia partita è segnato, che stanno barando sotto i miei occhi vado avanti. Perchè a volte si riesce ad elaborare, anche nella più intricata crisi, qualcosa di vitale: l'idea di un nuovo assestamento. Una posizione, nel mondo, che non riproduce più quella infantile, che non tende più verso la quiete iniziale, ma che accetta di giocarsi nell'incognita del presente. E allora mi sento soddisfatto della mia vita e del mio percorso irlandese. Arrivato senza lavoro e con una conoscenza poco più che elementare dell’inglese ora ho un buon stipendio, una bella casetta, un buon lavoro, una ragazza che mi ama, degli amici a cui voglio bene. Ma era quello che veramente cercavo in Irlanda? Non rimpiango i primi mesi in iperaffollate case abitate da lerci francesi e casinisti spagnoli o il mio primo lavoro irlandese in un alienante dipartimento supporto tecnico di una multinazionale americana collocata nella periferia della citta'. Forse, dopo quasi tre anni a Dublino, che ormai considero la mia casa, rimpiango l'entusiasmo dei primi mesi e forse mi manca il piacere di nuovi incontri e di nuovi paesaggi.</span><br />
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<span style="font-family: Verdana, sans-serif;">Finito il blog e come se ora fosse finita una fase della mia vita, ma la nuova fase ha contorni ancora sfumati. Per un anno e mezzo ho dedicato del tempo seduto di fronte a un computer, a descrivere il panorama della mia vita ogni settimana, battendo sui tasti la riproduzione della mia esistenza. Volevo raccontare frammenti della mia vita all'estero in questi difficili anni. Frammenti che sono diventati una storia. Una storia che non è né un successo né un fallimento. Solo la storia di un pezzo della mia vita. Che ho voluto condividere con voi.</span><br />
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<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-style: italic;">Video: Dawns in Ireland</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-style: italic;">Song: Krishna Das - Govinda Hare</span><br />
<span style="font-family: Verdana, sans-serif; font-style: italic;">Link: <a href="http://www.mauriziopittau.it/">www.mauriziopittau.it</a></span></div>
utopiehttp://www.blogger.com/profile/07862578441109536849noreply@blogger.com11tag:blogger.com,1999:blog-7438052036469641746.post-20239871638856435732008-11-23T16:19:00.023+00:002010-02-05T03:32:40.810+00:00Ritorno a Dublino<div style="text-align: center;"><object height="344" width="425"><param name="movie" value="http://www.youtube.com/v/dJvMVT_QqCQ&hl=en&fs=1"><param name="allowFullScreen" value="true"><param name="allowscriptaccess" value="always"><embed src="http://www.youtube.com/v/dJvMVT_QqCQ&hl=en&fs=1" type="application/x-shockwave-flash" allowscriptaccess="always" allowfullscreen="true" height="344" width="425"></embed></object><span style="text-decoration: underline;"></span><br /></div><div style="text-align: justify;font-family:verdana;"> <p class="MsoNormal"><span style="" lang="IT">Utopie irlandesi finisce qui. A meno di ripensamenti questo è l’ultimo post del blog, che negli ultimi mesi ho stancamente aggiornato. Ultimi mesi difficili e frenetici dopo un meraviglioso fine inverno-inizio estate. Dopo due mesi a Londra sono tornato a Dublino. La decisione non è stata facile e ho passato diverse tormentate settimane a chiedermi cosa fosse meglio per me. Ora dopo un indispensabile viaggio a Praga, da qualche settimana lavoro come online marketing manager per una azienda irlandese. Il nuovo lavoro è complesso, ma credo di essere un privilegiato nel poter essere ben pagato per lavorare su mie passioni (comunicazione, internet, internazionalizzazione, advertising). Mi sono trasferito in centro a Smithfield dietro Four Courts in un appartamento ricavato da una vecchia distilleria con muri in pietra e il soffitto a volte senza quindi i muri in cartongesso dei nuovi orrendi edifici dublinesi. Ho portato il mio wine cabinet, eliminato la tv, montato una libreria e fatto installare 20Mb di broadband da Ntl in quella che sarà il mio rifugio dalle crisi finanziarie, economiche ed emotive per i prossimi mesi.<br /></span></p><p class="MsoNormal"><span style="" lang="IT">Dublino non è una città in cui ci si ferma per sempre. Se la mia azienda non mi licenzia o fallisce prima (cosa non impossibile in questi tempi di recessione) il mio piano è di fermarmi per almeno un altro anno e poi continuerò i miei viaggi (il ritorno in Italia è decisamente escluso per i prossimi anni). Ogni tanto bisogna fermarsi e se è pur vero che in un anno e mezzo ho visto più cose dell’Irlanda e di Dublino di tanti nativi ho ancora tanto da scoprire. Ci sono stati momenti positivi e altri negativi nella mia vita irlandese. Momenti che non sempre hanno trovato posto nel blog, ma che non di meno dei fatti raccontati mi hanno permesso di crescere professionalmente e soprattutto come persona. Sono stati mesi divertenti, faticosi, creativi, travagliati, fertilissimi, pieni di fantasia. I primi mesi dal mio arrivo a Dublino sono passati, forse i migliori. Adesso sono finiti, ma nuove esperienze mi aspettano.</span></p><p class="MsoNormal"><span style="" lang="IT">Le cose cambiano. Quasi tutte le persone provenienti dai più svariati paesi che ho conosciuto nel mio primo anno a Dublino sono andate vie facendomi sentire orfano questa estate, ma ci sono stati nuovi e piacevoli incontri, in particolare di italiani, e ora che ho trovato una mia temporanea stabilità spero di incontrare nuovi compagni e nuove compagne di percorso. <o:p></o:p>Perché riflettendo, quello che è stato veramente importante fino ad ora della mia esperienza irlandese non è stato tanto l’esperienza lavorativa, il migliorare il mio inglese o il vedere nuovi paesaggi ma gli incontri che ho fatto. Se dovessi salvare solo alcuni frammenti del mio anno e mezzo a Dublino, non avrei nessun dubbio a rinchiudere in uno scrigno da portare sempre con me alcuni momenti fondamentali: i viaggi e le interminabili telefonate con Belén, il sabato mattina in camera mia con Marianne che chatta con messenger sul mio computer mentre io leggo pigramente il giornale sul letto, i sinceri abbracci con Emiliano ogni volta che ci si rincontrava, le domeniche pomeriggio passate con la piccola Mairead facendo volare i nostri aquiloni sulla spiaggia o divertendoci nella sala creatività dell’Irish Museum of Modern Art, i concerti nei Jazz club con Daniela, i Saturday International Dinner organizzati con Zyta, le serate trascorse al Winter Garden accocolato con Johanna sul divano a raccontarci la giornata sorseggiando Cabernet e ascoltando Stan Getz e Joao Gilberto.</span></p><p class="MsoNormal"><span style="" lang="IT">Ma anche gli incontri virtuali spesso trasformati in incontri reali con i lettori di questo blog, parte importante della mia esperienza irlandese. Ringrazio tutti i visitatori magari sporadici e tutti coloro che hanno lasciato un commento contribuendo alla vivacità del blog. In particolare saluto il lettore numero uno Roberto che sono sicuro sopravvivrà alla fine del blog, Anna che ho fatto viaggiare con le mie parole, Markus che ha portato su aspetti più concreti le mie astrazioni, Carlotta che è sempre stata presente quando manifestavo smarrimento e sfiducia, Coluietc. che ha condiviso con me gioie e dolori, Tatiana la corrispondente da Cork, Giò e i suoi commenti politici, Marika che ha seguito il blog come un romanzo, Aquilablu amico e traslocatore di fiducia, Laylee che ha condiviso le emozioni di una "mia" Irlanda, fatta di luci e ombre, Zax (Andrea) in attesa delle mie prossime avventure londinesi, Eleonora con le sue esperienze da raccontare, Puntino e le sue domande, tutti i bloggers irlandesi con cui ho scambiato link e commenti, come dice Bacco77, veri “eroi”.</span></p><p class="MsoNormal"><span style="" lang="IT">Nonostante la precarietà e i tormenti di questi anni la vita a Dublino si è rivelata ogni tanto come una sottile e delicata vibrazione che ha raccordato e uniformato il tono di diverse esperienze e diverse storie. In fondo, fa bene pensare che, alla base di diversi percorsi, sia scorsa una delicata armonia che ha fatto incontrare persone diverse, ma uguali. E che va semplicemente rispettata, anche se è durata un attimo.<br /></span></p><p style="font-style: italic;" class="MsoNormal"><span lang="EN-IE">Video: Utopie Irlandesi Primo anno<st1:city st="on"><st1:place st="on"></st1:place></st1:city><br />Song: </span><span style="" lang="IT">Stan Getz e Joao Gilberto - Desafinado<o:p></o:p><br />Link: <a href="http://www.utopieirlandesi.blogspot.com/">www.utopieirlandesi.blogspot.com</a> </span></p> </div>utopiehttp://www.blogger.com/profile/07862578441109536849noreply@blogger.com33tag:blogger.com,1999:blog-7438052036469641746.post-63253572957314896132008-11-08T21:30:00.015+00:002008-11-12T19:49:24.137+00:00Falls Road, Belfast<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2x0BG8J4D4rmLI9rImVt_vmYZmFq6r6KY8aTHs5u-5myJRGYdvFuULgZh0PwFRQzJO6sLaLF52I9CvpnOPN5fbYk1dvfSfaOHfHOQEKUxph7FXASPeaUwb-289ic6mnu6o-8k_G4ulFlV/s1600-h/SolidarityWall.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer; width: 320px; height: 203px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2x0BG8J4D4rmLI9rImVt_vmYZmFq6r6KY8aTHs5u-5myJRGYdvFuULgZh0PwFRQzJO6sLaLF52I9CvpnOPN5fbYk1dvfSfaOHfHOQEKUxph7FXASPeaUwb-289ic6mnu6o-8k_G4ulFlV/s320/SolidarityWall.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5266402540177834018" border="0" /></a><br /><div style="text-align: justify;"><span style="font-family:verdana;">Partiamo dalla City Hall. Ci dirigiamo verso nord e attraversiamo Westlink. Il primo segno da cui si capisce di essere entrati in un quartiere “speciale” è il posto di osservazione dell’esercito in cima alla Divis Tower, un luogo tristemente noto nel periodo dei "Troubles" (termine inglese traducibile come “i disordini” indicante il conflitto nordirlandese, che si è svolto tra la fine degli anni '60 e la fine degli anni '90 in Irlanda del Nord e i cui effetti si sono allargati anche all' Inghilterra e alla Repubblica d' Irlanda e che ha causato oltre 3000 morti). Negli anni ’70 le forze dell’ordine occuparono gli ultimi due piani della </span><span style="font-family:verdana;">Divis Tower</span><span style="font-family:verdana;">, che utilizzano tuttora per tenere sotto controllo gli spostamenti della popolazione. Avvicinandoci notiamo i manifesti e le scritte sui muri che chiedono la “smilitarizzazione di Divis”.</span><br /><span style="font-family:verdana;">Una volta superata la Divis Tower, guardiamo alla nostra destra sul lato opposto della via: notiamo l’inizio della cosiddetta Peace Line, una barriera alta 6 metri formata da lamiera ondulata, cemento e catene, che separa da trentacinque anni la comunità protestante da quella cattolica. Eretta nel 1970 come “misura temporanea”, è sopravissuta addirittura al muro di Berlino. Lungo complessivamente 4 Km, la divisione si snoda da Westlink fino alle pendici inferiori della Black Mountain. I varchi presenti rimangono aperti durante il giorno, ma dalle 17 alle 8 quasi tutti i passaggi vengono chiusi. Attualmente a Belfast si contano una ventina di barriere di questo tipo. Le più recenti sono sorte nel 2002 nella zona di Short Strand a East Belfast.</span><br /><span style="font-family:verdana;">Proseguiamo e arriviamo a Solidarity Wall, una serie di murales che esprimono la solidarietà dei repubblicani nordirlandesi nei confronti dei palestinesi, curdi e armeni. Quando passiamo di fronte al graffito di solidarietà alla causa basca, l’architetto mi prende la mano e me la stringe fortissima. A fianco, dopo un graffito di commemorazione di Martin Meehan politico del Sinn Féin e primo condannato al carcere per otto anni in quanto volontario del Provisional Irish Republican Army (IRA), ce n’è uno raffigurante la pubblicità di un “black taxi”. I taxi neri sono taxi collettivi in servizio su percorsi fissi, che partono solo quando sono pieni, per poi far scendere e salire i passeggeri durante il tragitto. I “People’s Taxis” (taxi popolari) furono introdotti negli anni ’70 al posto dei servizi urbani di autobus che erano stati interrotti o soppressi a causa della violenza per le strade al culmine dei Troubles. Le associazioni che gestiscono i taxi sono imprese autogestite che crearono occupazione in quel periodo di grande difficoltà, dando spesso lavoro a ex detenuti che altrimenti non avrebbero trovato lavoro. Gli unionisti sostengono che i profitti dei taxi di Falls Rd servono a finanziare l’IRA.</span><br /><span style="font-family:verdana;">All’incrocio con Sevastopol St sorge la sede del Sinn Féin ("noi stessi" in gaelico), un edificio di mattoni rossi caratterizzato dal famoso murale raffigurante un sorridente Bobby Sand, celebre per lo sciopero della fame che lo condusse nel carcere di Long Kesh alla morte nel 1981 poche settimane dopo essere stato eletto membro del parlamento. Sul muro è riportato una frase famosa dello stesso Sand: “Our revenge will be the laughter of our children”.</span><br /><span style="font-family:verdana;">Superiamo il Ruby Emerald Take-Away di fronte al quale nel novembre del 1995 ha avuto luogo la storica stretta di mano tra il leader del Sinn Féin Gerry Adams e il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton. Sulla sinistra sorge il Royal Victoria Hospital che negli anni dei Troubles si è specializzato nella cura di armi da fuoco. Lunga tutta Falls Rd si susseguono murales repubblicani oltre a targhe e monumenti in memoria delle persone morte durante gli scontri. Il vicino quartiere protestante con i suoi murales bellici e monarchici raffiguranti paramilitari in pose plastiche e regnanti incoronati sembra lontanissimo anni luce. E tu capisci da che parte sta il tuo cuore.</span><br /><span style="font-family:verdana;">In Conway St vediamo un vecchio edificio decadente che ospita l’Irish Repubblican History Museum e Conway Mill, un linificio del XIX secolo che ospita oltre venti negozietti e laboratori d’arte, artigianato e mobili. Continuiamo a camminare e arriviamo al City Cementery e a Falls Park, da cui si accede al Miltown Cemetery, dove sono sepolte le persone morte durante lo sciopero della fame del 1981. Notiamo molte H verdi attaccate ai lampioni in ricordo dei blocchi H della prigione di Maze, dove erano incarcerati i protagonisti dello sciopero. La mia compagna di viaggio non parla e mi stringe sempre più forte la mano che non ha mai mollato da Solidarity Wall. Nella stretta non c’è nulla di romantico o tenero, ma è una vibrante richiesta di sostegno e solidarietà.</span><br /><span style="font-family:verdana;">Torniamo indietro verso il centro. Incontriamo in Beechmount Ave un enorme murale con la scritta “Free Ireland”. Due vie più avanti troviamo il Plastic Bullet Mural che commemora diciassette persone, tra cui otto bambini, uccise dai proiettili di plastica (oggi vietati) sparati dalle forze dell’ordine. L’architetto interrompe il suo lungo silenzio e incomincia a singhiozzare e lacrimare. Mi abbraccia. Due signore e un giovane che fumano fuori da un pub vedono la scena e si avvicinano a noi e senza dire nulla ci abbracciano silenziosamente e allora anch’io non posso che sciogliermi e mi commuovo e i miei occhi si inumidiscono. Dopo alcuni intensi minuti propongo una pinta nel pub. Con Colm mi sento spesso via Skype, con Ms Marie e Ms Agata scambio ogni Natale e Pasqua dei garbati biglietti di auguri.</span><br /><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Pic: Solidarity Wall, Belfast</span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Music: Éire Óg - Go on Home British Soldiers</span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Link: </span><a style="font-family: verdana; font-style: italic;" href="http://www.sinnfein.ie/">www.sinnfein.ie </a><br /></div>utopiehttp://www.blogger.com/profile/07862578441109536849noreply@blogger.com12tag:blogger.com,1999:blog-7438052036469641746.post-65302434421459554482008-10-25T02:33:00.013+01:002008-11-01T23:48:05.653+00:00Tra crisi e recessione<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgczX4xQpAGq1kPMvRfFGVQJHBo8EHXg-N3LLfs6FhcJEUyfxHJD8puhUQzf1l2jsebaKGC1kN4UWs4k4c9FjNti8CItvN02cNYDGfyclsgFbARNVgD4tPaddax6svZqmnAyVGPXKE_ZWfx/s1600-h/londra.saint.paul.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer; width: 320px; height: 222px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgczX4xQpAGq1kPMvRfFGVQJHBo8EHXg-N3LLfs6FhcJEUyfxHJD8puhUQzf1l2jsebaKGC1kN4UWs4k4c9FjNti8CItvN02cNYDGfyclsgFbARNVgD4tPaddax6svZqmnAyVGPXKE_ZWfx/s320/londra.saint.paul.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5260899274034657042" border="0" /></a><br /><div style="text-align: justify;"><span style="font-family:verdana;">Si ha crisi quando il tuo vicino perde il posto di lavoro. Si ha recessione quando sei tu a diventare disoccupato. Diceva questo il mio vecchio professore di politica economia. E per esperienza devo dire che è vero. Nella Irlanda in recessione ho perso il lavoro, a Londra dove ora mi trovo sono i miei vicini che lo stanno perdendo. Fino a che non deciderò dove fermarmi in queste settimane vivo una sorte di schizofrenia. Da lunedì a giovedì vivo a Londra dove ho iniziato il mio nuovo lavoro. Da giovedì a lunedì torno a Dublino. Tra crisi e recessione.</span><br /><span style="font-family:verdana;">A Dublino lasciata Winter Garden sono andato ad abitare provvisoriamente poco distante. Gallery Quay sul Grand Canal Square. Camera doppia con bathroom ensuite al modico prezzo di 800 euro, il lussuoso Fresh Supermarket sotto casa e di fronte lo spettacolo dei Docklands. Vista la crisi della mia azienda ad agosto mi sono guardato attorno per eventuale nuovo lavoro a Dublino. Constata la scarsità di posizioni sul mercato locale ho dato uno sguardo oltre il Mar d’Irlanda e ho scoperto che il mio profilo era assai richiesto a Londra. Ho trovato in tempi relativamente brevi un lavoro nella capitale britannica e lasciato il vecchio lavoro irlandese ho iniziato a lavorare a Londra da circa un mese come e-commerce executive. La mia azienda ha uffici a Soho e Chelsea </span><span style="font-family:verdana;">che raggiungo leggendo la mia copia de l'Indipendent con la tube, prima Northern line da Golders Green e poi Piccadilly line.</span><br /><span style="font-family:verdana;">A Londra vivo nel nord in una cohousing. Ho un piccolo appartamento con mattoni a vista tutto per me in un grosso palazzo vittoriano con pannelli solari, orto bio-dinamico e condivisione di spazi comuni come la sala della musica e la stanza della riflessione. I miei vicini di casa sono eccentrici ecologisti freakettoni come “la regina dei piselli” (“The Queen of the Peas”), una insegnante di matematica in pensione che parla agli ortaggi sostenendo che hanno un anima. O Markus un designer finlandese che ogni giorno al ritorno dal lavoro lavora ad una versione pop del Giudizio Universale di Michelangelo nella lobby dell'edificio. </span><br /><span style="font-family:verdana;">Vivo con curiosità e perplessità la mia esperienza di vita londinese e non ho voluto abbandonare completamente Dublino. Ho già vissuto a Londra e ho sempre sospettato che sarei tornato a viverci, ma ho come la sensazione che non sia ancora il momento. I mesi che avevo per decidere che fare però sono diventati settimane, poi giorni e tra poco ore. Ad ottobre alcune offerte di lavoro sono arrivate anche dalla Dublino in recessione e pare che qualcuno sia interessato ad assumermi nel ruolo che esattamente stavo cercando. Tenere due case e due residenze tra Dublino e Londra è troppo costoso e faticoso. E il mio boss londinese mi vuole da novembre full time tutta la settimana. E’ arrivato il tempo delle scelte. Nel mentre ho aperto il mio blog londinese.</span><br /><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Pic: St Paul's Cathedral, London</span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Song: The Aerosmith – Livin’ on the edge </span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Link: <a href="http://utopielondinesi.blogspot.com/">utopielondinesi.blogspot.com</a></span><br /></div>utopiehttp://www.blogger.com/profile/07862578441109536849noreply@blogger.com16tag:blogger.com,1999:blog-7438052036469641746.post-1093598860307673032008-10-10T01:27:00.016+01:002008-10-26T23:42:33.145+00:00Sturiellet<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhyUAxNEgA4AANrOHUs7FYEqHqdkUremMXTRKWlaIaJVWW1FZADDkPjJ4bT_vJa69A6_34XXWdBdZuCocFW_hHBtsVJmb-D1BiP8ReVm1UTe8xl3iY5a4YSVc4uiOlbZ5T3vqZgo617j-XB/s1600-h/jellyfishlips.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhyUAxNEgA4AANrOHUs7FYEqHqdkUremMXTRKWlaIaJVWW1FZADDkPjJ4bT_vJa69A6_34XXWdBdZuCocFW_hHBtsVJmb-D1BiP8ReVm1UTe8xl3iY5a4YSVc4uiOlbZ5T3vqZgo617j-XB/s320/jellyfishlips.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5255315564304386018" border="0" /></a><br /><ul style="color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-weight: bold;">Estate. L'ospite con i funghi</span></li></ul><div style="text-align: justify;">Marco è membro di Servas, un network nonviolento di reciproca ospitalità. Di solito ospita o è ospite non più di un paio di volte l’anno e fa generalmente incontri molto piacevoli e interessanti. Questa estate ospita una simpatica ragazza lappone per un paio di giorni. Nel tardo pomeriggio dopo il lavoro le fa fare un giro per la città. A un certo punto la ragazza si allontana e va in una farmacia. I due tornano a casa e poco dopo per caso Marco scopre di che si tratta: antimicotici ad ampio spettro, una poverina e una pomata. L’ospite nonviolento ha i funghi! Marco condivide lo stesso bagno con la lappone, la lappone va sempre in giro scalza, la lappone dorme nel divano letto di Marco. E se lo contagia? Cosa potrebbe avere? Bisogna chiederglielo? Meglio fare la doccia con le ciabatte? Aprire una coltivazione di funghi? Marco entra in panico e per tre giorni a casa avrà sempre al suo fianco candeggina, lisoform, napisan e brutal, un disinfettante irlandese molto serio.<ul style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);"><li>Autunno. La bimba e l’aquilone</li></ul><div style="text-align: justify;">Mattia ha una amica che ha come vicina una ragazza madre e ogni tanto Mattia e l'amica si offrono di tenerle la domenica pomeriggio la figlia di quattro anni. Una soleggiata domenica Mattia porta l'adorabile bimba in spiaggia a far volare gli aquiloni: il suo acrobatico e quella della bambina statico piccolo di cartoncino/nylon colorato. Dopo crasso divertimento, prima di andare via, quando gli aquiloni sono a un metro da terra Mattia dice alla piccina "butta la spatola per terra come faccio io che l'aquilone cadrà sulla spiaggia da solo". Lei non si fida e lui insiste "fidati ,se lo molli l'aquilone cadrà da solo". Lei titubante molla la spatola e l'aquilone - contro ogni legge della fisica - vola via sopra le nuvole e la bimba comincia a piangere. Mattia si sente un mostro e il giorno dopo va a casa della ragazza madre portando un gigantesco e bellissimo aquilone con colori pastello per la bimba, ma lei non vuole vederlo rivolendo il suo vecchio aquilone di pochi euro. La bimba oramai lo odia!<br /></div></div><ul style="color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-weight: bold;">Inverno. La lista Irlandese </span></li></ul><div style="text-align: justify;">Massimo vive a Dublino. Appena ha deciso di rimanere a vivere in Irlanda stila una lista: le dieci cose da fare entro un anno. Al settimo posto ha scritto con grande poesia ed eleganza: "bombare una irlandese". Tanto lo sa che è un’impresa disperata. Lui imbranato e senza un fisicaccio che lo supporti. Eppure quando la sua azienda entra in crisi e licenzia una sua ex collega di Limerick cerca di consolare la povera disoccupata e la sera, dopo una serie di bevute devastanti, si sente dire ad un orecchio in un affollato pub cafone dalla irlandese traballante per l'alcol ingurgitato: “Let’s fuck!”. Incredulo accompagna l’irlandese a casa sua. Ora è là stesa sul suo letto senza essere passata per il bagno. Il vestito è stropicciato, i capelli sono sottosopra, la bocca è aperta e umida, alito vodka and tonic, il trucco sparpagliato sulla faccia, i movimenti sono minimi e impercettibili. La ragazza è giovane e bella, la pelle bianco avorio, il collo lungo e affusolato, i cappelli biondi e lisci, le caviglie sottili. Ma da qual giorno l’ex collega sarà ricordata come “the jellyfish”.<br /><ul style="color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-weight: bold;">Primavera. Il vicino feticista</span></li></ul><div style="text-align: justify;">Matteo vive con due belle coinquiline ventenni. E sera e suona il campanello. E' il suo vicino di casa spagnolo che gli chiede se ha del mascarpone (come se tutti gli italiani all'estero avessero una riserva di ingredienti per tiramisù!). Matteo dice di no e lo spagnolo chiede se ha del cheddar (tiramisù con cheddar?). Matteo va in cucina a vedere e quando torna con un bel pezzo di mild cheddar vede il tipo rovistando tra la biancheria sporca da lavare con in mano una mutandina rosa a pochi centimetri dal naso. Ci sono alcuni infiniti secondi di imbarazzo e poi il vicino con ancora le mutandine penzolanti dice "sorry. your flatmates are so nice!". E senza dire altro va via, lasciando Matteo con il cheddar in mano.<br /></div><br /></div><span style="font-style: italic;">Pic: Jellyfish Lips</span><br /><span style="font-style: italic;">Song: The Proclaimers - Irish girls are pretty</span><br /><span style="font-style: italic;">Link: <a href="http://www.servas.it/">www.servas.it </a></span>utopiehttp://www.blogger.com/profile/07862578441109536849noreply@blogger.com12tag:blogger.com,1999:blog-7438052036469641746.post-90006024116285133972008-09-20T21:20:00.020+01:002008-11-02T15:19:28.925+00:00Tutto quello che non vi racconterò<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEik_iR1EKTuyCyjpWoxkCAXjWETvOcZoBOBFEckxZBzGnsK_A1Z6jVZ6JgvBxznYxyrdimPoJFGP2LdjunvmIl3MiTaBFcDl_7ebALSE1ZYsSkPRepd4kv9qArXE5GmEN7znqSRWLwi0K3r/s1600-h/bundoran_surf.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEik_iR1EKTuyCyjpWoxkCAXjWETvOcZoBOBFEckxZBzGnsK_A1Z6jVZ6JgvBxznYxyrdimPoJFGP2LdjunvmIl3MiTaBFcDl_7ebALSE1ZYsSkPRepd4kv9qArXE5GmEN7znqSRWLwi0K3r/s320/bundoran_surf.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5254397662719508274" border="0" /></a><br /><div style="text-align: center;"><br /></div><ul style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-family:verdana;">Il mio piede sinistro</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Viaggio nella sanità irlandese. </span><br /><ul style="color: rgb(149, 189, 103); font-weight: bold;"><li><span style="font-family:verdana;">Turismo cimiteriale in Irlanda</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Piccola guida ai migliori cimiteri irlandesi</span>.<br /><ul style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-family:verdana;">Irish Media</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Tv, radio e giornali in Irlanda. Preferisco la BBC.</span><br /><ul style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-family:verdana;">Utopie e lo sport</span></li></ul><div style="text-align: justify;"><span style="font-family:verdana;">La bicicletta in città, la corsa nei parchi, il nuoto in piscina, il calcetto con i colleghi, il trekking nella countryside, il surf nella costa del west, le lezioni di golf. Tutti i modi per produrre endorfine e limitare il girovita.</span><br /></div><ul style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="color: rgb(149, 189, 103);font-family:verdana;" >Italiani in Irlanda - Nuovi arrivi</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">L'integrato, l'apocalittico, il bamboccione, il blogger, il disintegrato.</span><br /><ul style="color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-weight: bold;font-family:verdana;" >International Saturday Dinner</span></li></ul><div style="text-align: justify;"><span style="font-family:verdana;">Primo regola: mai più di sei. Seconda regola: mai più di due della stessa nazionalità. Terza regola: Chi arriva porta il vino. Quarta regola: vietati i dolci del Centra. Quinta regola: polacchi e italiani welcome con riserva.</span><br /></div><ul style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="color: rgb(149, 189, 103);font-family:verdana;" >La festa spagnola</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">I party in Irlanda. Avessi 10 anni in meno…</span><br /><ul style="color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-weight: bold;font-family:verdana;" >Viaggio in Italia</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Settembre in Italia. L'effimero della settimana della moda a Milano. Il profondo del festival della filosofia a Modena. Il multiculturale dell'"uto-raduno" in Sardegna.</span><span style="font-weight: bold;font-family:verdana;" ><br /></span><ul style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="color: rgb(149, 189, 103);font-family:verdana;" >Ireland by train<br /></span></li></ul><div style="text-align: justify;"><span style="font-family:verdana;">I più bei tratti ferroviari d'Irlanda. Dublin-Tralee, Belfast-Derry, Dublin-Wexford, Cork-Cobh, Sligo-Carrick on Shannon, Dublin-Drogheda, Galway-Athlone.</span><br /></div><ul style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-family:verdana;">Il meglio dell’Irlanda</span></li></ul><div style="text-align: justify;"><span style="font-family:verdana;">The Green Gallery in Donegal, la Dublino sotterranea, Slieve League nel northwest, Old Church Cemetery a Cobh, Sligo and Mayo contryside, zen garden a Kildare,</span><span style="font-family:verdana;"> i pub di Derry, la Mizen Head Peninsula, il Secret Garden a Dublino, la Beara Way nella contea di Cork. </span><br /></div><ul style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-family:verdana;">Dublino è meglio di Londra</span></li></ul><div style="text-align: justify;"><span style="font-family:verdana;">Perché un anno fa ho deciso di andare a vivere a Dublino e non a Londra, Barcellona, Helsinki o Amsterdam. </span><br /></div><ul style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-family:verdana;">Musei a Dublino</span></li></ul><div style="text-align: justify;"><span style="font-family:verdana;">Il meglio e il peggio. La bacheca con la mosca e il concavo riflessivo.</span><br /><ul style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="color: rgb(149, 189, 103);font-family:verdana;" >The best of Dublin<br /></span></li></ul> <span style="font-family:verdana;">Il miglior pub, il miglior cappuccino, la migliore toilette, il miglior hamburger, la migliore passeggiata, il miglior ristorante, la migliore crepe, il miglior monumento, il miglior negozio di calzini maschili, il migliore gelato, la migliore casa georgiana, etc.</span><br /></div><ul style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-family:verdana;">Croste e crostoni</span></li></ul><div style="text-align: justify;"><span style="font-family:verdana;">In giro per le gallerie d'arte dublinesi. Quando anche il Merlot dell’inaugurazione è di cattivo gusto. </span><br /><br /><ul style="color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-weight: bold;font-family:verdana;" >Riti Celtici</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Lungo i sentieri druidi. I matrimoni celtici al St. Anne Park. I riti esoterici a Bru na Boinne. Le sbronze dionisiache. </span><br /></div><ul style="color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-weight: bold;font-family:verdana;" >Caro utopie mi scrivi il blog?</span></li></ul><div style="text-align: justify;"><span style="font-family:verdana;">I più bizzarri messaggi privati arrivati. I post più letti e quelli più ignorati. Le parole chiave con cui si arrivare a utopie irlandesi. Le amicizie nate tramite il blog. E altro ancora.</span><br /></div><ul style="color: rgb(149, 189, 103); font-weight: bold;"><li><span style="font-family:verdana;">Dublin Fringe Festival</span></li></ul><div style="text-align: justify;"><span style="font-family:verdana;">Il miglior festival a Dublino. Come spettatore. Come volontario. Come organizzatore.</span><br /></div><ul><li><span style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);font-family:verdana;" >English in Dublin</span></li></ul><div style="text-align: justify;"><span style="font-family:verdana;">Come migliorare il proprio livello di inglese divertendosi. I corsi di teatro. Le buone letture. Gli scambio interculturali. Le collaborazioni giornalistiche. </span><br /></div><ul><li><span style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);font-family:verdana;" >Gli irlandesi</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Se li conosci non li eviti.</span><br /><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Pic: Surf a Bundaran, Sligo</span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Song: Ceoltóirí – Caledonia</span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Link: <a href="http://www.fringefest.com/">www.fringefest.com </a></span>utopiehttp://www.blogger.com/profile/07862578441109536849noreply@blogger.com17tag:blogger.com,1999:blog-7438052036469641746.post-19416743897360828012008-09-08T23:41:00.008+01:002008-09-17T14:30:05.424+01:00A Londra<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhDwzQjX9yMEA15SXTO4Mcmd-rXUkpWXpOjyB5ShNVMwVnWzcp8xI1xSIxFgmNphuZVrujVqf06Xj559ES1nVbFUj1LFN1F5OrK7pk1JP3NM5s80Udlq3fUzBGQcDKtKjGLEPQ78zD_tQ7x/s1600-h/CranleyGardens.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhDwzQjX9yMEA15SXTO4Mcmd-rXUkpWXpOjyB5ShNVMwVnWzcp8xI1xSIxFgmNphuZVrujVqf06Xj559ES1nVbFUj1LFN1F5OrK7pk1JP3NM5s80Udlq3fUzBGQcDKtKjGLEPQ78zD_tQ7x/s320/CranleyGardens.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5243785396964784850" border="0" /></a><br /><div style="text-align: justify;"><span style="font-family:verdana;">A Londra. Su un cab, quando la nebbia e i grigi mi riportano alla stagione d’autunno, e al freddo, mi chiedo perché sto fuggendo. Io lo so. Ma sono molte ragioni. Ma sono ragioni che all’esterno appaiono esili e misteriose, mentre per me sono totali e assolute. Vado a Londra, so, perché devo ritrovare la mia terza persona, un fantasma che devo incontrare per continuare a vivere. Vado a Londra per incontrarmi con il mio prossimo lavoro e la mia prossima vita.</span><br /><span style="font-family:verdana;">A Londra. L’ultimo giorno al Winter Garden Jo mi dice “Non puoi continuare ad andare via quando stai male, soprattutto quando i periodi tra una botta e l’altra sono sempre più brevi”. Io dico “Non mi piace affezionarmi alle persone e alle cose e alle stanze, ci rimetto sempre troppo”. Eppure. Come può una ragione così vitale e assoluta apparire talmente fastidiosa che io mi rifiuto di precisarla dicendo solo: “Vado per ragioni personali”? In realtà fuggo per ricapitolarmi. Bisogno di suoni, di stimoli, di complessità. Cerco una città in cui venga offerto il maggior numero di “uscite di sicurezza” ad una condizione di vita sempre più precaria e incerta. Cerco una città con una storia e un futuro non una città di recessione e incertezza.</span><br /><span style="font-family:verdana;">A Londra. Via da una città di smanettoni IT e multinazionali supporto clienti. Via verso le Olimpiadi 2012 e la “New London”. Ora è tempo di crescere e buttarsi nel mondo dell’economia reale abitato da feroci squali e non da dispettosi Leprechaun. E sbranare per non essere sbranati. Dublino mi ha accolto con un largo e caldo abbraccio di comprensione e affetto. Io mi sono fidato di quell’abbraccio e non chiedevo altro perché avevo bisogno che le mie ferite rimarginassero. A Dublino crolli nervosi, intensità emotive ed eccitazioni febbrili si sono succedute e rivoltate con inedita repentinità; e dov’eran trionfi e vittorie, un attimo dopo esistevano solo rovine e macerie. Come il lavoro. All’inizio inutile e alienante. Poi creativo e complesso. Alla fine insicuro. O la casa. Prima delizia. Dopo delirio. Poi armonia. Infine precarietà. O le mie relazioni sentimentali.</span><br /><span style="font-family:verdana;">A Londra. Vagabondo per la città illuminata da un’inedita lucentezza autunnale. Vado a Cranley Gardens e non oso percorrere interamente la via. Mi basta uno sguardo di sfuggita da Old Brompton Road. Sono a pochi metri dalla mia nuova fabbrica di salari. Imbocco senza accorgermi Cranley Gardens dalla parte della Fulham Road. E allora sento un grande respiro d’emozione e mi arresto in contemplazione. Da questa parte della via un campanile sovrasta le case. Allora ho la certezza: la “carriera” e lo “status” sono concetti che mai hanno influenzato le mie decisioni. Io vivo solamente negli spazi delle mie emozioni e ho capito solo ora che qual che ho voluto perdere di certo non mi riapparterrà se non come una maledizione.</span><br /><span style="font-family:verdana;">A Londra. E poi a Dublino a chi importa ormai veramente che resti? A parte un paio di persone. Eppure non ho nessuna voglia di andare a vivere a Londra. Non adesso perlomeno. Dublin why can’t be just more like me?</span><br /><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Pic: Cranley Gardens, London, UK</span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Song: Jack Johnson - Hope</span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Link: <a href="http://www.london2012.com/">www.london2012.com</a></span><br /></div>utopiehttp://www.blogger.com/profile/07862578441109536849noreply@blogger.com25tag:blogger.com,1999:blog-7438052036469641746.post-76371514066159778032008-08-28T12:15:00.020+01:002009-08-25T19:21:23.403+01:00Perfect days<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUd6LXDjf5C_D5wkWfbF_1pMyEaI79wBFW2H10O6fTFpdlsY-3dzFjzCxB0pSFdlE004mdKnQllkV5l-P7CjceNY1f1ir5UP-5ZReJwSEZ9-q3fzC0H9GwkbLn89NW9BgY4GK_r_f3etgb/s1600-h/Inishmaam.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgUd6LXDjf5C_D5wkWfbF_1pMyEaI79wBFW2H10O6fTFpdlsY-3dzFjzCxB0pSFdlE004mdKnQllkV5l-P7CjceNY1f1ir5UP-5ZReJwSEZ9-q3fzC0H9GwkbLn89NW9BgY4GK_r_f3etgb/s320/Inishmaam.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5239525800051394146" border="0" /></a><br /><div style="text-align: justify;"><span style="font-family:verdana;">Una giornata soleggiata, delle persone cui vuoi bene, una evento imprevedibile che ti sorprende, una località da favola. Sono tanti i motivi che trasformano una bella giornata in una giornata perfetta. Questi sono alcuni dei miei giorni perfetti irlandesi.</span><span style="font-family:verdana;"><br /></span><ul style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-family:verdana;">Persi nelle isole Aran</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">La ricetta è semplice. Metti un blogger irlandiano. Poi un amico italiano con cui hai condiviso le gioie (poche) e i dolori (molti) della convivenza con dei francesi, un amico di quelli veri, disponibile a darti le chiavi della sua casa di Galway per portarci la ragazza che corteggi o che quando hai problemi con un esame si propone di fare oltre 200 kilometri per venirti ad aiutare a casa tua. E poi un irlandese gentile e generoso, di quelli che vuole farti da guida anche se è la prima volta che passa da quelle parti e che non si stanca mai di offrire il successivo giro di pinte, anche se l’ultimo lo ha offerto lui. Prendi una bank holiday primaverile con un sole caldissimo come in Irlanda non si vedeva da anni. Poi ovviamente le incantate e misteriose isole Aran con i loro labirintici sentieri di terra che serpeggiano tra i piccoli campi separati da una rete di muretti di pietra. Metti l’imprevisto, cioè salire sulla barca sbagliata e invece che sbarcare a Inisheer finire a Inishmaam. E però gustarti l’isola e compiacerti dell’errore. Incontrare stralunati animali da fattoria e irlandesi coraggiosi che si fanno il bagno nel freddo oceano. Trovarsi sulla scogliera rocciosa a picco sul mare tumultuoso dove dalle pareti a strapiombo alte oltre 100 metri compaiono arcobaleni all’improvviso. Fermarsi a mangiare sopra le rocce calcaree salamelle toscane. Poi perdersi e decidere di fare il perimetro dell’isola nella speranza di ritrovare il porticciolo. Commuoversi per il cimitero dei marinai, cioè una distesa di fronte al mare di piccoli cumuli di pietra in ricordo dei naufraghi. Farsi travolgere dalle onde oceaniche. Bersi una birra e prendere al volo l’ultimo traghetto in partenza. Mischiate bene e uscirà una giornata perfetta. </span><span style="font-family:verdana;"><br /></span><ul><li><span style="font-family:verdana;"><span style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);">Il treno per Sligo</span></span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Mi piace la visione laterale della vita che offre il treno. Nessun altro mezzo di trasporto mi permette così meravigliosamente di incontrare me stesso, gli altri e il mondo che mi circonda. I primi mesi in Irlanda mi capitava spesso di prendere un return ticket da Dublino per mete distanti. Lo ho fatto fino a percorrere tutta la corta e costosa rete ferroviaria irlandese. Il day return ticket per Sligo rientra nella categoria “giorni perfetti”. </span><span style="font-family:verdana;"><br />Il treno parte dalla Connelly Station </span><span style="font-family:verdana;">alle 11.05 </span><span style="font-family:verdana;">di una morbida mattina domenicale. Mi siedo su una poltrona vicino al finestrino. Al mio fianco e nelle due poltrone di fronte a me oltre al tavolino non c’è nessuno. Aspetto con curiosità di sapere con chi dovrò passare le oltre tre ore di viaggio. Poco dopo arrivano tre grosse signore con tre grossissime borse. E cominciano a parlare con me come se fossi il loro nipotino. Età media 70 anni. La babbiona uno mi chiama “love”, la babbiona due “son” e la babbiona tre “honey”. Io sono a fianco alla babbiona due (“son”) e alla sua mano affetta da Parkinson. Subito dopo la partenza del treno il panico. La babbiona tre (“honey”) mi chiede di accompagnarla in bagno. Sarà la mia imbranataggine simile a Ciccio/Verdone sarà la somiglianza della babbiona tre con Sora Lella ma mi vedo in una scena di “Bianco, rosso e Verdone”. Per fortuna l’accompagnamento è solo fino al bagno. E non dentro. Dopo pochi minuti le simpatiche vecchiette in libera uscita tirano fuori dalle borse caramelle ma soprattutto lattine di Guinness e bottiglie di Miller. In poche ore se ne scolano 2/3 litri a testa e a me tocca fare compagnia. Alla fine dopo due Miller mattutine semidigiuno arrivo a Sligo brillo e poco interessato a visitare la poco interessante cittadina.<br />Prendo il treno per il ritorno nel tardo pomeriggio. Il treno non è pieno come all’andata e ci sono molti posti liberi, ma mi siedo di fronte a una ragazza alta dai lunghi capelli neri. A differenza del viaggio di andata, in cui ho dovuto raccontare la storia della mia vita e sorbirmi la storia della vita dei nipoti delle babbione, al ritorno il viaggio è silenzioso. Almeno fino a Dromod, quando la ragazza dai lunghi capelli neri mi chiede una penna. Io spengo il mio lettore MP3 offro la penna e chiedo cosa legge. Lei mi mostra un libro sulle arti figurative celtiche e fino a Dublino non si parla altro che di arte antica, bioarchiettura e urbanistica, argomenti di cui io possiedo una capacità argomentativa di pochi minuti. Non riuscendo a spostare la conversazione su altri temi cerco goffamente di barcamenarmi. Dopo alcune ora so solo che la ragazza è pare spagnola, parrebbe una insegnante di arte e forse deve stare un anno a Dublino. Eppure nonostante la monotonia della conversazione, gli sguardi sono di complicità e interesse. Arriviamo alla Dublin Connolly Station.</span><span style="font-family:verdana;"><br />Lascio la mia e-mail su un foglietto e parlo alla ragazza dai lunghi capelli neri della Saturday International Dinner che organizzo la settimana successiva. La spagnola mi lancia un vago "ok" e infila il mio bigliettino distrattamente in tasca. Dopo pochi giorni ricevo un messaggio un cui mi chiede l’indirizzo della casa. Ci raggiunge dopo cena con una bottiglia di prosecco giusto in tempo per la sacher torte di Zyta. Scoprirò così che in realtà non è spagnola, ma basca e che non è una insegnante di arte ma una architetta. Anzi un architetto. L’architetto: un'ottima ragione per rimanere in Irlanda quando era qui; un ottima ragione per iniziare nuovi percorsi ora che lei non c'è più. </span><span style="font-family:verdana;"><br /><br /><span style="font-style: italic;">Pic: Inishmaam, Aran Islands</span></span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Song: Lou Reed – Perfect Day</span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Link: <a href="http://www.visitaranislands.com/">www.visitaranislands.com</a></span><br /></div>utopiehttp://www.blogger.com/profile/07862578441109536849noreply@blogger.com18tag:blogger.com,1999:blog-7438052036469641746.post-21811656360132078372008-08-11T18:54:00.009+01:002008-08-19T19:26:57.347+01:00Una calamità ritmica<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWiXX1-Jc7wh5VUw7SUA1t0N-pz4wm_8BvFU6HmDh4QXTAJ72wl7d3BQ1znCiGZ33hfkChTZNxagX_KgnKlMFTYFKEQTdH2G6uV_WAW22nZF0_CjXs5kZgmfsg4YedrBIoZyFclg7ftUJL/s1600-h/PaddingtonHouses.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjWiXX1-Jc7wh5VUw7SUA1t0N-pz4wm_8BvFU6HmDh4QXTAJ72wl7d3BQ1znCiGZ33hfkChTZNxagX_KgnKlMFTYFKEQTdH2G6uV_WAW22nZF0_CjXs5kZgmfsg4YedrBIoZyFclg7ftUJL/s320/PaddingtonHouses.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5233320765693555890" border="0" /></a><br /><div style="text-align: justify;"><span style="font-family:verdana;">Be’, cari miei, dovrei esserci abituato! Una cosa periodica! Un avvenimento ciclico! Un terremoto ricorrente! Di più! Un disastro stagionale! Una calamità ritmica! Dieci anni che non riesco dal trip. Un odissea! Un labirinto! E sempre lì che ti aspetta al varco! Un appuntamento immancabile! Non faccio in tempo a fare un progetto che casco lì! La casa! La casa! Voglio una casa! L’ho detto! Un flusso ricorrente! Puntuale come una maledizione! Accidenti!</span><span style="font-family:verdana;"><br />Esco dal Liceo, ho diciannove anni. Vado all’università. Quella di Cagliari. La casa è mia, ma è gigantesca e per pagare mutuo e spese si affitta ad altri studenti. I senzatetto studenti mi invidiano. Eh, la stanza ce l’ho, ma devo gestire una casa da buon albergatore. Arriva di tutto: compari sbruffoni, paranoici che minacciano di bruciarmi la cucina, allergici alla pulizia, amici sinceri, ragazze che si portano un tipo diverso ogni sera, ladri che mi rubano racchetta da tennis e l’anello in corniola di mio nonno, accaniti giocatori notturni di Risiko, ingegneri dal cuore infranto e fancazzisti da un esame all’anno. Sette anni che sono un cancan che non vi immaginereste. Ogni anno facce nuove. Amici di amici di compagni di compaesani dei cugini.<br /></span><span style="font-family:verdana;">Mi laureo e vado a specializzarmi a Roma. Sette mesi a Monte Sacro. Camera matrimoniale con prezzi dublinesi in appartamento condiviso con una torinese collega di corso e una coppia di coreani cantanti lirici che ogni giorno cucinano speziato. E poi un anno in Albania con le Nazioni Unite. Una casa di tre piani con quattro bagni tutta per me a Scutari. Cento dollari al mese, ma acqua e luce solo tre ore al giorno e coprifuoco dopo le nove. Poi i miei viaggi di solidarietà in Costa Rica nei residence a cinque stelle, in Marocco nella casa del sindaco, in Montenegro in albergo con Jacuzzi. Il mio volontariato e i miei campi di lavoro in Turchia, Svizzera, Italia, Albania, Tunisia, Moldova, Olanda, Repubblica Ceca dove, </span><span style="font-family:verdana;">con il mio sacco a pelo, </span><span style="font-family:verdana;">dormo per terra a fianco di insetti e una dozzina di volontari su ruvidi pavimenti di scuole, casermoni o stalle. Ma anche il mio lavoro ecoturistico nel Devon, dove condivido per sette mesi una decadente british house con tre spagnoli.<br /></span><span style="font-family:verdana;">E poi la mia permanenza negli ecovillaggi. Tra gli spirituali a Findhorn in Scozia, tra i permacultori nell’Oxfordshire, tra gli ecumenici a Milton Keynes, tra i buddhisti a Kendal nella Cumbria. Dove i valori sono olismo, inclusività e armonia e non posso neanche andare a pisciare senza condividere la cosa con la comunità. E poi i mesi sulla Riverside Drive </span><span style="font-family:verdana;">nel West Village di New York</span><span style="font-family:verdana;">. Viaggio tanto, ma ho sempre la mia casa di 250 metri quadrati nel quartiere Vecchio Mulino di Cagliari. E la mia Itaca, la mia salvezza di una vecchiaia senza pensione. Ma poi la mia ragazza, forse stanca dei miei viaggi, mi spezza il cuore e mi porta via l’anima e di quella casa di gioie e dolori non voglio più saperne nulla e la vendo ad un prezzo ridicolo. Via da Cagliari, via! Inscatolo i miei libri e i miei CD e via. Sono homeless.<br /></span><span style="font-family:verdana;">Finalmente Milano. La mia amata Milano! Un anno in bilocale nel quartiere Assietta. Ogni giorno treno delle Nord per Cadorna, ma finalmente solo! Doccia alle tre di mattina e divano letto per gli ospiti. Ma poi ci ricasco. Mi innamoro e lascio il mio spazioso bilocale per un sottotetto in via Canonica da dividere in due. Accogliente, centrale e romantico ma troppo stretto per due.</span><br /><span style="font-family:verdana;">Poi l’Irlanda. La casa dei mille post-it con i francesi puzzoni e finalmente Winter Garden con Pippa e Johana, dove la sera si sorseggia vino, si abbassano le luci e si ascolta jazz. Ma le ragazze vanno via a fine mese e rent e bills sono troppo alti per pagarli da solo. Devo cambiare casa. Ora sono a Londra ho fatto qualche interviews e visto qualche appartamento. Visto che la crisi economica irlandese ha colpito la mia piccola azienda e la mia attuale casa è troppo costosa forse è il momento di rimettersi in gioco e di intraprendere nuovi percorsi e cercare nuove case. Dopo le interviews del mattino appuntamento oggi alle quattordici davanti a una casa in affitto a Paddington, bel quartiere tra l’Hyde e il Regent’s Park. Vado a vedere. Una coda. Una strafila! Che è? Il pane gratis? L’assalto ai forni! Di più, di più! Una casa in affitto. Diciotto persone. Anzi di più. Una cosa terribile. Studenti. Sposini. Marocchini. Pakistani. Pensionati. Ragazze madri.</span><span style="font-family:verdana;"><br />La casa! La casa! Monoletto o sottotetto! Bilocale o cantinale! Mansardato o cascinale! Un flusso periodico! Un mal di pancia! Un annuncio. Due annunci. Referenziatissimo. Dici: trovo un lavoro. Una brava ragazza. Faccio la persona onesta. Dici. E la casa? Be’ mica storia da niente. Una storia senza fine. Un terremoto ricorrente. Se trovo un lavoro più sicuro e al riparo dalla recessione irlandese e magari qualche nuovo coinquilino per la mia costosa casa rinuncio alle offerte di lavoro londinesi e rimango a Winter Garden. Rimanere! Rimanere? Nella mia amata Dublino da double room minuscole a euro 800 e bilocali in cartone a euro 1600.</span><span style="font-family:verdana;"><br /><br /><span style="font-style: italic;">Pic: Paddington Houses, London</span></span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Song: Indigo Girls - Make This House A Home</span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Link: <a href="http://www.daft.ie/32932">www.daft.ie/32932</a></span><br /></div>utopiehttp://www.blogger.com/profile/07862578441109536849noreply@blogger.com33tag:blogger.com,1999:blog-7438052036469641746.post-1741125075283134292008-07-30T00:55:00.013+01:002008-09-17T14:29:41.644+01:00Bisogno di solitudine<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgFjcl4UqVvK3qhkRRLsBnr54XiA0g83aEKHyM8DAdwPkWuwplSguTZOt4jwXHltHzI5PoekFWV1ZgBrY-Y3k0vVU4Tyf16uPe-hjQ58AhpmfcX_T-13AdOFgEQU21UpwqkS2ahyphenhyphenVCoTNu6/s1600-h/dublin_docklands1.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgFjcl4UqVvK3qhkRRLsBnr54XiA0g83aEKHyM8DAdwPkWuwplSguTZOt4jwXHltHzI5PoekFWV1ZgBrY-Y3k0vVU4Tyf16uPe-hjQ58AhpmfcX_T-13AdOFgEQU21UpwqkS2ahyphenhyphenVCoTNu6/s320/dublin_docklands1.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5246981908082615218" border="0" /></a><br /><div style="text-align: center;"><span style="text-decoration: underline;"></span><br /></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family:verdana;">Ieri un vicino di casa divorziato nella cui casa ero ospite mi ha detto: “Avevo da fare delle cose per me. Trovo importante potersi occupare di se stessi. Fare le cose esclusivamente per sé”. E apprezzo la sua scelta poiché penso che dedicarsi agli altri, totalmente, tradisca una perversione. Espressioni di carattere morale come “amore per l’umanità” o “amore per gli altri” mi sembrano prive di senso poiché a me - dopo tanti anni di cooperazione internazionale e volontariato - è impossibile in questo momento amare gli altri come un’entità astratta. Io ora voglio amare una sola persona, definitiva, storicizzata, esclusiva presenza nel mondo. Io voglio amare una persona alla volta, e se non voglio barare con me stesso, mi sento esclusivamente di fare questo. Nel mondo esistono gli antipatici, i nemici, gli odiosi, i malvagi. E io non ho assolutamente intenzione di amarli. Poiché non li ritengo esponenti della mia specie, né del mio genere.</span><br /><span style="font-family:verdana;">L’egoismo che osservo nelle altre solitudini però mi appare a volte esagerato. In alcuni diventa vera e propria tirchieria, in altri essenzialità, in altri frugalità o nevrosi di ordine, pulizia, attenzione maniacale per la disposizione abituale delle cose e dei sentimenti. Come se la solitudine, quella accettata e rielaborata, avesse costruito, nel cuore dell’individuo, un atlante di percorsi sbarrati, di strade senza uscita, di sensi unici, di dighe, di barriere antisismiche in modo che qualunque sentimento o oggetto nuovo abbia un percorso prestabilito, all’interno, per vagare senza arrecare danno.</span><br /><span style="font-family:verdana;">Quelle parole del vicino mi hanno incoraggiato, anche io voglio occuparmi di me. Ma poi stasera, mentre Johana la mia coinquilina praghese era sotto la doccia, ho incominciato a preparare dei calici di Messias Porto Vintage e dei piattini di Feta e Olive. E guardando dalla finestra sopra l’acquaio il giardino d’inverno interno, mentre riflettevo sulle caratteristiche della case irlandesi con piccole cucine, ho avvertito, alle mie spalle, la presenza della mia coinquilina, in accappatoio, come quella insidiosa, di una guardiana o di una osservatrice.</span><span style="font-family:verdana;"> L’educazione della mia coinquilina impediva che mi dicesse: “Fai respirare il vino! Scalda al forno il pane indiano! No, non è quella la temperatura giusta del tostapane!” ma quello che mi comunicava la presenza muta di Johana, che si frizionava i suoi lunghi capelli biondi, era esattamente questo. E ho desiderato fortemente di buttare il prezioso Porto comprato per lei e andare via da quella cucina troppo piccola per due sbattendo la porta.</span><br /><span style="font-family:verdana;">Mi sono reso conto che il mio bisogno di solitudine non mi può fare appassire, distaccare totalmente dagli altri. Io sto cercando di dare una risposta al bisogno di me stesso. Voglio continuare a essere generoso, disponibile, aperto anche se capisco che le cose sono difficilmente conciliabili. La solitudine mi sta effettivamente cambiando. “Sono i trentacinque anni” - mi dice la ventiduenne Johana - “Il tuo corpo non risponde più come un tempo”. Ma io ho sempre il bisogno incessante di conoscere, curiosare, vedere gente, ambienti, paesaggi. Lei mi da questa giustificazione perché si accorge che da settimane non mangio più di notte, non cucino più alle tre di mattina, un momento assorto e silenzioso a lei caro, con le orecchie ancora otturate dalla musica del club, e la testa ronzante, fissa per minuti interminabili su una frase pronunciata al pub o sul sorriso di qualcuno. </span><br /><span style="font-family:verdana;">In realtà sono altrettanto consapevole che l’età conta relativamente e che ciò che mi sta piegando non è un processo biologico ma l’addensarsi, il sedimento di un senso di colpa che non mi lascia mai, che si impasta con l’invecchiamento delle mie cellule, che ancora tarda a risolversi, a scomparire…</span><span style="font-family:verdana;"><br /><br /><span style="font-style: italic;">Pic: Docklands, Dublin</span></span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Song: Carla Bruni – Ma jeunesse</span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Link: <a href="http://www.utopie.it/mondialita/numeri.htm">www.utopie.it/numeri</a></span><br /></div>utopiehttp://www.blogger.com/profile/07862578441109536849noreply@blogger.com17tag:blogger.com,1999:blog-7438052036469641746.post-68334688662609037962008-07-04T19:23:00.024+01:002008-09-06T23:11:18.816+01:00Utopie interrotte<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhk0o4jcMSpAuVjPz8Zechu1fX61SMJgcU5RqkzEv9HsWsPmpts5d19t02q2Su2dVbzndtpUQF5DMx3oQUHtWESXFAXgJudMyjT48XXEBVIJKfiveE5XapNHpnyM_ghqa9dG13o7Q4dNgLw/s1600-h/isthisutopia.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhk0o4jcMSpAuVjPz8Zechu1fX61SMJgcU5RqkzEv9HsWsPmpts5d19t02q2Su2dVbzndtpUQF5DMx3oQUHtWESXFAXgJudMyjT48XXEBVIJKfiveE5XapNHpnyM_ghqa9dG13o7Q4dNgLw/s320/isthisutopia.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5219226371974718018" border="0" /></a><br /><div style="text-align: justify;"><span style="font-family:verdana;">Utopie irlandesi va in vacanza. Per qualche settimana per vari motivi il blog non verrà aggiornato. Prima di interrompere il blog vorrei farvi scegliere il prossimo forse ultimo post. Potete sceglierlo, tra quelli elencati di seguito, votando nel sondaggio che trovate nella colonna laterale che lascerò per qualche giorno. In caso di parità sceglierò io tra i post più votati. Ad ogni modo molti dei restanti post, nel caso decidessi di mantenere e aggiornare il blog, troveranno probabilmente spazio in queste pagine in futuro.</span><span style="font-family:verdana;"><br /><br />Per lasciare spazio al nuovo sondaggio tolgo l’ultimo sondaggio “Perché andare a vivere in Irlanda?”. Per futura memoria ricordo i risultati avuti nel mese in cui era attivo: Per lavoro (voti 43, 53% totale), Per l'inglese (35 voti, 43% del totale), Per andare via dall'Italia (49 voti, 60% del totale), Per amore (9 voti, 11% del totale), Per l'Irlanda (45 voti, 55% del totale), Per altri motivi (4 voti, 4% del totale). Il totale supera il 100% perché erano possibili risposte multiple.</span><span style="font-family:verdana;"><br /><br />Ricordo infine che l’utoMeeeting si terrà come tutti gli anni anche quest’anno l’ultimo weekend di Settembre come al solito ad Arbatax e come al solito nella “country house”. L'utoMeeting è un momento di ri-unione con le persone incontrate durante i miei soggiorni all'estero, di solito sono incontri in carne ed ossa (ex colleghi, ex coinquilini, compagni di viaggio, etc.), ma volendo si può anche allargare a incontri tramite internet; se qualcuno dei lettori del blog vuole saperne di più mi contatti. I posti letto stanno terminando ma il free camping ha capienza quasi illimitata.</span><span style="font-family:verdana;"><br /><br />Questi sono i candidati ad essere il prossimo post:<br /><br /></span><ul><li><span style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);font-family:verdana;" >Concerti</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">I concerti di una anno in Irlanda. Kila, Bruce Springsteen, William Coulter, Morrissey, Christy Moore, R.E.M., ew York Dolls, Joe Satriani, Madness, Mikołaj Trzaska. E gli altri.<br /><br /></span><ul style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-family:verdana;">Teatro a Dublino</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Una sera al teatro? Meglio del cinema e della musica dal vivo, se lo spettacolo è valido. Dublino non offre tantissimo ma ogni tanto trovi gemme preziose in piccoli teatri semisconosciuti.<br /><br /></span><ul style="color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-weight: bold;font-family:verdana;" >Perfect Days</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Una giornata soleggiata, degli amici a cui vuoi bene, una località da favola. Sono tanti i motivi che trasformano una bella giornata in una giornata perfetta. Persi nelle isole Aran, in treno con Belen, nel quartiere cattolico di Belfast con i ragazzi dello Sinn Fein, in barca a pescare carpe a Carrick-on-Shannon.</span><span style="font-family:verdana;"><br /><br /></span><ul><li><span style="font-family:verdana;"><span style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);">Letteratura Irlandese Moderna</span></span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Il sorprendente mondo della letteratura irlandese contemporanea: Roddy Doye, Dermot Bolger, Joseph O’Connor, Colm Tòibin. Non solo James Joyce, Oscar Wilde e W.B. Yeats per migliorare il proprio inglese.<br /><br /></span><ul style="color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-weight: bold;font-family:verdana;" >La mia Kasbah</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Winter Garden, il meraviglioso block in cui abito. I party improvvisati nel patio, le serate a raccontare fiabe, i tornei di badminton, i vicini feticisti.</span><br /><br /><ul><li><span style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);font-family:verdana;" >Viaggi Overseas</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Tutti i weekend oltre il Cetic Sea che non vi ho raccontato. Isole Canarie, Lituania, Venezia.</span><span style="font-family:verdana;"><br /><br /></span><ul><li><span style="font-family:verdana;"><span style="color: rgb(149, 189, 103); font-weight: bold;">A Cena con Utopie</span></span></li></ul><span style="font-family:verdana;">I miei ristoranti preferiti di Dublino. Rigorosamente lontani dal centro.</span><span style="font-family:verdana;"><br /><br /></span><ul><li><span style="font-family:verdana;"><span style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);">Il Profumo dei Libri<br /></span></span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Che fare il sabato pomeriggio a Dublino? Puoi stirarti le camicie oppure vagare per le meravigliose librerie di libri usati di cui è ricca la capitale irlandese. Indovinate cosa preferisco fare? Second-hand booksellers in Dublin.</span><br /><span style="font-family:verdana;"><br /></span><ul style="color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-weight: bold;font-family:verdana;" >Incontri - Seconda Sfornata</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Cosa mi ricorderò tra 30 anni del mio periodo irlandese? Sicuramente gli incontri. I paesaggi si dimenticano, le amicizie e gli amori mai.<br /><br /></span><ul><li><span style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);font-family:verdana;" >La Morte della Tigre Celtica</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Come e perché è arrivata la crisi economica in Irlanda? C’è speranza per il futuro o nel paese dei pub e degli gnomi si tornerà a mangiare patate a colazione, pranzo e cena?<br /><br /><span style="font-style: italic;">Pic: Is This Utopia?, Liverpool, UK</span><br /><span style="font-style: italic;">Song: Enrico Ruggeri - Il giorno del black out</span><br /><span style="font-style: italic;">Link: <a href="http://www.utopiedesign.eu/utomeeting/">www.utomeeting.org</a></span><br /></span></div>utopiehttp://www.blogger.com/profile/07862578441109536849noreply@blogger.com14tag:blogger.com,1999:blog-7438052036469641746.post-68294826098888634362008-06-26T18:19:00.009+01:002008-06-27T18:20:37.753+01:00Le biciclette di Amsterdam<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgrowaIe7vpkJ2GsL8YAJlBD6nlkh-aCEkNq2rQ1sW3pt9jVHTYDlZJys0Rk2rICnfNqqvxDe5o8n3MU2iMEPYZ6YaqJHtc9Bpq5EHQK3idhNgbF6UtTWyP9PeI2DbsTky26FJ1JyJBILdI/s1600-h/amsterdam_bikes.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgrowaIe7vpkJ2GsL8YAJlBD6nlkh-aCEkNq2rQ1sW3pt9jVHTYDlZJys0Rk2rICnfNqqvxDe5o8n3MU2iMEPYZ6YaqJHtc9Bpq5EHQK3idhNgbF6UtTWyP9PeI2DbsTky26FJ1JyJBILdI/s320/amsterdam_bikes.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5216241305466544322" border="0" /></a><br /><div style="text-align: justify;"><ul style="color: rgb(149, 189, 103); font-weight: bold;"><li><span style="font-family:verdana;">Tandori chicken</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Torno ad Amsterdam a distanza di alcuni anni. Trovo i suoi alberghi sempre carissimi, i suoi café come il Walem sempre deliziosi, la fauna giovanile, contesa tra l’April e l’Exit sempre eternamente vivace e spontanea, le donne sempre bellissime e senza età. Torno nel ristorante indiano di Leidseplein, mangio nella stessa sala di quella volta, quattro anni fa, anche lo stesso menu’, il grande piatto circolare, di metallo, con la carne di montone, le salse verdi, gli intingoli rossi, le verdure al curry, il riso, i piselli allo zafferano e il tandori chicken, il pollo arancione di cui sono goloso. Guardo il piatto, la bottiglia di birra indiana e, oltre la finestra, i gruppi di giovani sulla piazza, i tram colorati che passano veloci, le biciclette, il posteggio del taxi, le file di lampadine gialle che ornano il profilo degli edifici come se fosse sempre Natale. C’è un verso di una canzone di Francesco Guccini che mi ronza in testa, ma non lo ricordo con esattezza. Non è comunque quella che dice: “Piovve all’improvviso sull’Amstel, ti ricordi?”. Forse è più un’atmosfera, una lei che annota qualcosa stringendo teneramente la mano di lui. E forse non è nemmeno Guccini.<br /></span><span style="font-family:verdana;">La prima volta che sono arrivato nella capitale dei Paesi Bassi, ho dormito in un ostello, dalle parti della stazione. In realtà non dormi per niente. Fu un’esperienza da caserma: le camerate, la luce sempre accesa, la promiscuità, i bagni piccoli, l’odore degli altri. Oggi quindici anni dopo, il mio esile sonno è protetto dalle spesse e centenarie mura dell’ Hotel De Roode Leeuw. Eppure io non sono cambiato. Sono contento di aver deciso di fare all’improvviso un fine settimana ad Amsterdam per dimenticare i travagli lavorativi e sentimentali. Amsterdam protegge il mio immaginario. Sto per assaggiare il pollo indiano. Improvvisamente, mi rivedo ventenne.<br /></span><ul style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-family:verdana;">La città utopia</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Sono molto legato ad Amsterdam. E’ stata la meta del mio primo viaggio in solitaria a 20 anni. Due mesi con in tasca 150 mila lire e un biglietto bige a/r Genova – Amsterdam. Amsterdam la città utopia famosa per la sua tolleranza e per la civiltà dei suoi abitanti, la capitale europea di un turismo giovanile che, per decenni, è qui approdato, inseguendo il sogno di un paradiso terrestre in cui musica, rock, droghe leggere, rapporti sessuali, abitazioni, sussidi di disoccupazione, servizi sociali, fossero veramente alla portata di tutti: una città in cui il potere della fantasia e dell’immaginazione potesse realmente concretizzarsi, diventare quotidianità, essere la realtà.<br /></span><span style="font-family:verdana;">Prendiamo i Provos, il gruppo olandese che, dal 1960 al 1967, ha sperimentato sul campo molte idee della controcultura, trasformando la Spui, una delle più belle piazze di Amsterdam, in un gigantesco teatro all’aperto per happening che mescolavano arte e vita e provocavano l’immaginazione ad esercitarsi sui temi della vita urbana della gente. Questo gruppetto di visionari, composto d’artisti d’avanguardia, maghi, ex situazionisti, studenti a spasso, sfaccendati, quest’armata Brancaleone, armata soprattutto d’ironia ai suoi tempi ha fatto perdere la testa a più di un benpensante, e a qualche poliziotto che non capiva l’arte di strada, ma certamente, con le sue invenzioni, ha mostrato che la cosa da fare, certe volte, è sognare ad occhi aperti. Sognare per esempio una città con meno macchine e più biciclette, più leggera e simpatica: lanciarono il Piano delle biciclette bianche, lasciando un certo numero di bici bianche a disposizione dell’uso collettivo. Ad Amsterdam le biciclette erano già tante, ma adesso? Esiste una città al mondo con una densità paragonabile di bici per abitante?</span><span style="font-family:verdana;"><br /></span><ul style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-family:verdana;">Il silenzio di Amsterdam</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Un fiume ordinato di persone che solca le strade della città veloce e silenziosa, incurante del freddo, della pioggia, del sole, o del caldo estivo. Le biciclette di Amsterdam. Di tutti i tipi, accessoriate con cestini, borse, zaini da viaggio. Leggere ed eleganti per lunghi viaggi al Sud. Robuste, colorate di viola, rosa, celeste, giallo, arancione. Mai piccole. Anche i bambini ne guidano di gigantesche, non sedendosi sulla sella, ma spingendo in piedi sui pedali, con forza. Abituato a girare a Dublino, con le orecchie ben attente a carpire il rumore di un automobile o il clamore di un autobus della Dublinbus, ti trovi completamente spiazzato. E non solo per il silenzio che avvolge le vie del centro, le piste ciclabili, i viali riservati ai pedoni, i settori per i mezzi pubblici – un silenzio che percepisci lentamente, ora dopo ora, a cui ti abitui e che contribuisce a darti la misura mentale della città – quanto perché, attraversando la strada senza voltarti, tanto sei automaticamente sicuro di essere solo, rischi continuamente di essere investito da un ciclista. Il silenzio di Amsterdam, dei suoi canali, delle strade dalla prospettiva gibbosa, a duna, a causa dei ponti, è qualcosa che ti da fiducia e ti fa sentire, lentamente, sempre più in sintonia con le cose e con gli uomini. Perché anche gli oggetti in un tale paesaggio hanno una rilevanza speciale. Quasi simbolica.</span><br /><ul style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-family:verdana;">Il condom shop</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Ritrovo i negozi che si aprono sui famosissimi canali a luci rossa fra il Neuw Markt e Dam Platz. Ecco in vetrina un fondale di t-shirt con immagini di popstar, da Jimi Hendrix e Jim Morrison fino ai Nirvana e ai Radiohead. Sul piano della vetrina uno strato di adesivi, spille, gadget, badge gettati alla rinfusa come coriandoli. Centinai e centinaia, uno diverso dall’altro. In mezzo, tutta l’oggettistica, il sublime ciarpame e l’attrezzeria dei fumatori: assortimento prodigioso di cartine per rollare il tabacco e le canne; scelta di chiloom, dal più piccolo al più grande; narghilè, calumet dalle fogge tradizionali. E poi incredibili pipe ad acqua, mai viste prima, dalla forma di lampadina o di alambicchi con il beccuccio che, mi dicono, servirebbe per aspirare il crack. Manuali per la coltivazione della canapa, semi di ogni provenienza – colombiani, nigeriani, marocchini, nepalesi, afghani, olandesi – attrezzi per il giardinaggio, CD e DVD per apprendere meglio. I ragazzi, francesi, italiani, tedeschi, si fermano davanti a queste vetrine in adorazione, strabiliati dalla varietà e dalla serie pressoché infinita di proposte. Così, sullo stesso canale, ecco un negozio dedicato esclusivamente ai profilatici. Di ogni colore, dimensione, materiale, foggia. Ma non solo. Anche gadget, magliette, biancheria intima, slip, reggiseni, maglioni, tutine, felpe con sopra stampata una versione fumettistica dell’accessorio indispensabile del playboy di questi ultimi anni.<br /></span><ul style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-family:verdana;">Canali a luci rosse</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">La sera, le luci dei canali a luci rosse si accendono di lampadine rosse. Teatrini, sex shop, peep shop, nude bar, topless café, offrono una commercializzazione del sesso, soprattutto a vantaggio dei turisti, che non ha eguali in Europa. Non c’è sordidezza come nei cosiddetti quartieri del vizio di Londra, di Parigi o di Berlino. Tutto è illuminato, e neppure discretamente, ma con quella compostezza e quell’ordine tipicamente olandesi. Lo stile degli edifici è quello solito, appartamenti che si sviluppano in verticale, dalle scale ripidissime, e in cui tutto entra dalla finestra: i mobili, gli arredi gli armadi. </span><br /><span style="font-family:verdana;">Ma al di là di tutti questi luoghi conosciuti e turistici, le ordinate case galleggianti sui canali, le vie con i piccoli negozi alla moda del quartiere attorno a Tuindwarsstraat e Egelantiersstraat, il trovarobato e l’usato chic del mercato delle pulci di Noordermarkt, le galleria d’arte contemporanea e di design sul Prinsengracht, i negozi di antiquariato di Singel; al di là dei grandi e moderni caffè ricavati da spazi industriali, come nell’East Village di Manhattan, con tutto il bel corredo high tech di vetri e pilastri in ferro; al di là anche di una certa vena maledetta e perversa che scorre sotterranea a questa città.</span><span style="font-family:verdana;"><br /><br /></span><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Pic: Biciclette ad Amsterdam</span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Song: Francesco Guccini - Canzone delle Situazioni Differenti</span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Link: <a href="http://www.bl.uk/learning/histcitizen/21cc/counterculture/assaultonculture/provo/provo.html">www.bl.uk/provo</a></span><br /></div>utopiehttp://www.blogger.com/profile/07862578441109536849noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-7438052036469641746.post-31777698773326657502008-06-21T06:04:00.014+01:002008-09-17T14:33:41.891+01:00La casa dei mille post it<div align="center"><embed type="application/x-shockwave-flash" src="http://picasaweb.google.com/s/c/bin/slideshow.swf" flashvars="host=picasaweb.google.com&RGB=0x000000&feed=http%3A%2F%2Fpicasaweb.google.com%2Fdata%2Ffeed%2Fapi%2Fuser%2Fmutopie%2Falbumid%2F5214291352904400913%3Fkind%3Dphoto%26alt%3Drss" pluginspage="http://www.macromedia.com/go/getflashplayer" height="267" width="400"></embed><div style="text-align: justify;"><br /><div style="text-align: justify;"><span style="font-family:verdana;">Lo ammetto. Questa primavera è stata la mia migliore stagione da quando sono a Dublino. Uno dei motivi principali della mia serenità è il mio nuovo appartamento e le mie deliziose coinquiline con cui condivido gran parte di queste lunghe serate primaverili. Si è creato un perfetto meccanismo con la ripartizione di specifici ruoli (tra i miei ci sono anche quelli di “lady cleaner”, chef e raccontafavole) e mai scambierei la mia casa tra i docklands e il quartiere georgiano per un mono o bilocale da dividere con solo me stesso. Non è stato </span><span style="font-family:verdana;">sempre </span><span style="font-family:verdana;">cosi’. In particolare i mesi invernali nella casa di Artane sono stati un inferno. Dopo i primi tempi in cui la convivenza era molto piacevole con incontri, dialoghi, amicizie, a volte amori (quasi come tornare dopo diversi anni studenti fuori sede) negli ultimi mesi prima di andare via è stata una tortura e ho passato le ultime settimane nella più completa incomunicabilità e alla fine ci si relazionava solo con post it e bigliettini sparsi per casa. Anche a causa dei nuovi assurdi coinquilini che erano arrivati nella casa di Rosemount Avenue negli ultimi tempi. Quello che segue è una fedele descrizione di alcuni coinquilini che ho incontrato nella casa di Artane. Erano tutti francesi, casualmente. O forse non è stato un caso?</span><span style="font-family:verdana;"><br /></span><ul style="color: rgb(149, 189, 103); font-weight: bold;"><li><span style="font-family:verdana;">Nonno Nerd</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Alphonse. 28 anni. Ha lavorato due mesi in Google in autunno e per quattro mesi si mette senza successo alla ricerca di lavoro. La routine quotidiana è sempre la stessa. Alphonse si sveglia alle 8.30, fa colazione, si doccia, si sbarba, si veste elegante con scarpa lucida, camicia stirata e maglioncino di cashmere, si riempie d’acqua la sua google jug comprata su internet. Alphonse alle 9 si siede nella sua poltrona vicino al caminetto in soggiorno. </span><span style="font-family:verdana;">Alphonse</span><span style="font-family:verdana;"> accende la tv, apre il laptop, manda qualche cv e poi gioca a scacchi con il computer. Con un occhio alla tv e un occhio al monitor. Così tutti i giorni nella stessa posizione fino alla 1 di notte. Uniche varianti di </span><span style="font-family:verdana;">Alphonse </span><span style="font-family:verdana;">la passeggiata al St. Anne’s Park la domenica mattina e l’uscita in centro per un cinema il venerdì sera. </span><span style="font-family:verdana;">Alphonse c</span><span style="font-family:verdana;">ol tempo era diventato parte dell’arredamento, una presenza discreta e malinconica che si confondeva con la cassettiera.</span><span style="font-family:verdana;"><br /></span><ul style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-family:verdana;">L’Uomo in Giallo</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Thierry. 25 anni. Ragazzo bretone in cerca di fortuna a Dublino. E’ rimasto solo 2 settimane ma ha lasciato un indelebile ricordo nella casa. La sua caratteristica principale era il pisciare nel lavandino. Cosa che lui riteneva perfettamente normale. Il simpatico Lord Byron francese sosteneva che il bagno non era sufficiente per tutti e che visto che era diviso in due (da una parte il water, dall’altra lavandino e doccia) che “c’è di male a fare i propri bisogni sul lavandino? Se volete ci butto un po’ d’acqua sopra dopo”. Una sera per questa simpatica abitudine Thierry si becco' un bel pugno sul grugno da un francese meno tollerante di me. Dopo quarant’otto ore “The Yellow Men”, come lo chiamavamo noialtri, era a dormire e ad espletare le sue funzioni in un ostello del centro.<br /></span><ul style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-family:verdana;">La Checca</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Jérôme. 23 anni. A Dublino per fare uno stage di 10 settimane. La sue principali caratteristiche erano due. La prima quella di parlare con la sua stridula vocina agli italiani con l’atteggiamento di chi sta parlando con scarabei stercorari. Il primo giorno conversando in francese con gli altri transalpini della casa, non sapendo che io parlo francese aveva detto di me: “Ma perché hanno dato all’<span style="font-style: italic;">italiano anziano</span> la camera più bella della casa?”. La seconda caratteristica era quello di depilarsi completamente sulla vasca del bagno. Dopo di che non riprendeva i suoi simpatici peli intasanti. Indovinate a chi toccava raccogliere le schifezze armato di guanti di gomma?</span><span style="font-family:verdana;"><br /></span><ul style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-family:verdana;">La Puttana</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Magalie. 26 anni. Parigina con un lavoro come PA a Coolock. L’appellativo di “puttana” (in italiano) lo aveva da prima che arrivassi io. In effetti Magalie era odiata da tutti gli italiani che avevano convissuto con lei e da quasi tutti i francesi. Forse perché conviveva con un irlandese nella sua camera pagando come fosse una singola senza aver mai chiesto agli altri coinquilini se la cosa andava bene, forse perché fumava liberamente dentro casa nonostante la cosa fosse vietata, forse perché non faceva vita sociale ma passava tutto il tempo che era a casa nella sua camera, dove dormiva, mangiava e si faceva bombare dall’irlandesino che disoccupato la attendeva tutto il giorno seminudo chiuso in camera, forse perché aveva abitudini igieniche discutibili (l’ho vista che si asciugava con l’asciugamano</span><span style="font-family:verdana;"> </span><span style="font-family:verdana;">mai lavato </span><span style="font-family:verdana;">usato come tappetino scendi doccia</span><span style="font-family:verdana;"> nel bagno). Quando se ne è andata ha lasciato la sua camera in condizioni indescrivibili. Tanto che il nuovo inquilino francese trovatosi di fronte una stanza mai pulita da mesi con moquette fradicia, piatti sporchi dietro l’armadio e materasso intriso di inquietanti fluidi si è rifiutato di dormire in quella stanza e ha minacciato di denunciare l’agenzia con cui aveva prenotato la stanza.</span><span style="font-family:verdana;"><br /></span><ul style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-family:verdana;">Il Guru</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Yanick. 37 anni. Francese di origini armene. Appena arrivato ha voluto fare il capetto e ha ritoccato completamento l’arredamento (tutto tranne la poltrona con il Nonno Nerd seduto sopra). Ha voluto riorganizzare la casa e darci ordini sulla condotta da tenere. Regole che lui ovviamente non riteneva fosse tenuto rispettare. Si era presentato come persona spirituale e dal grande karma, ma nella casa si comportava da bulletto di periferia. Prima di lavorare in un negozio online di verdure biologiche faceva il cameriere. Quindi si alzava tardissimo e tornava a casa verso mezzanotte, dopo un’oretta di placida chiacchierata con Nonno Nerd guardava la tv fino alle 3 del mattino al massimo del volume nella living room che era proprio sotto la mia stanza. Immancabilmente prima di andare a letto si faceva 2 o 3 cannoni consecutivi e spesso qualcosa di più forte che lui sosteneva essere incenso. Io in quel periodo mi alzavo alle 6.30 del mattino e per oltre un mese non ho praticamente dormito. Con l’arrivo del bullo ho capito che dovevo cambiare casa e alla svelta. Possibilmente senza più francesi tra i piedi.</span><span style="font-family:verdana;"><br /><br /><span style="font-style: italic;">Pic: Post it slide show</span></span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Song: The Bonzo Dog Doo-Dah Band - Humanoid Boogie</span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Link: <a href="http://www.celtichalls.com/">www.celtichalls.com</a> </span><br /></div></div></div>utopiehttp://www.blogger.com/profile/07862578441109536849noreply@blogger.com17tag:blogger.com,1999:blog-7438052036469641746.post-35191714616612964042008-06-14T20:20:00.013+01:002008-06-18T15:11:22.270+01:00Perché l’Irlanda ha votato no<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgl9bli0V4lXCwLxc4w33PqWMdi3cF_X6Pmros8fx2-cSgwYW3UtoKbQCVmMz1Je7C1FRFdLvd2piC1S_lCLmcOz3wcTDvqAmffErKK0pJUN2Aby1XEeU8EaTSNd70HoevT2XgyA5LAKSNy/s1600-h/no_lisbon.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgl9bli0V4lXCwLxc4w33PqWMdi3cF_X6Pmros8fx2-cSgwYW3UtoKbQCVmMz1Je7C1FRFdLvd2piC1S_lCLmcOz3wcTDvqAmffErKK0pJUN2Aby1XEeU8EaTSNd70HoevT2XgyA5LAKSNy/s320/no_lisbon.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5211854389514319602" border="0" /></a><br /><div style="text-align: justify;"><span style="font-family:verdana;">Hanno vinto i no nel referendum tenutosi ieri in Irlanda sul trattato di Lisbona. Perché? Tranne il Sinn Fein tutti i partiti politici irlandesi da destra a sinistra erano per il si. Tutti i giornali erano per il si. Tutte le tv pubbliche e private erano per il si. I sindacati dei lavoratori, la potente associazione dei farmers, i massoni e gli intellettuali erano per il si. Le istituzioni finanziarie, le associazioni degli imprenditori, gli ambientalisti erano per il si. Eppure con il 53,4% dei voti ha vinto il no. Parrebbe paradossale per un paese sempre considerato europeista e che ha sempre sfruttato al meglio le risorse e le opportunità provenienti dall’Unione europea. </span><br /><span style="font-family:verdana;">Quali sono i veri motivi che hanno portato alla sconfitta del Trattato di Lisbona in Irlanda e (forse) del sogno di una Europa Unita politicamente? Cerco di elencarli.</span><span style="font-family:verdana;"><br /></span><ul><li><span style="font-family:verdana;">La maggior parte degli irlandesi, soprattutto dei ceti più popolari, non ha ben capito di che si trattasse. Il poderoso trattato, che tranne poche modifiche rispecchia la confusa e retorica costituzione europea bocciata da Francia e Olanda, è stato inviato nelle case di tutti gli irlandesi, ma pochi lo hanno letto o perlomeno capito. Non capendo di che si trattava l’affluenza al voto è stata bassa. Hanno votato circa il 50% degli aventi diritto. E quelli che hanno votato erano perlopiù i movimenti più motivato al no.</span></li><li><span style="font-family:verdana;">Nonostante il formale si dei loro rappresentanti, i contadini e gli abitanti della countryside hanno votato massicciamente per il no per paura di perdere i privilegi commerciali conquistati negli ultimi anni.</span></li><li><span style="font-family:verdana;">Il fattore identità è elemento fondamentale per l’Irlanda. Nonostante il Sinn Fein sia un partito minoritario nella Repubblica Irlandese, è forte la paura di perdere potere e autodeterminazione dopo la lunga battaglia per l’indipendenza dall’Inghilterra. Così come di perdere una neutralità sulle faccende internazionali di cui l’Irlanda è orgogliosa.</span></li><li><span style="font-family:verdana;">Con il trattato ci sarebbe stato una rappresentanza su basi demografiche nella scelta dei commissari e del Consiglio d’Europeo. E quindi mentre ora la piccola Irlanda conta quanto Francia o Germania nelle votazioni e nella rappresentanza, con il trattato, dove sarebbero contati meno i poteri di veto dei singoli Stati </span><span style="font-family:verdana;">e di più le istituzioni centrali</span><span style="font-family:verdana;">, si sarebbe vista ridurre il suo peso politico.</span></li><li><span style="font-family:verdana;">Con il trattato ci sarebbe stato un maggiore peso politico dell’Europa sui sistemi fiscali nazionali. E (erroneamente) questo ha portato molti irlandesi </span><span style="font-family:verdana;">a pensare </span><span style="font-family:verdana;">che con il trattato sarebbero aumentate le tasse. Anche per le multinazionali presenti in Irlanda grazie alla detassazione offerta che, secondo molti, sarebbero fuggite in massa.</span></li><li><span style="font-family:verdana;">Le multinazionali americane si sono schierate fortemente per il no al referendum. Per evitare nuovi regimi fiscali e per impedire una forza politica ed economica europea.</span></li><li><span style="font-family:verdana;">In queste ultime settimane Dublino è stata invasa da movimenti anti-abortisti, nazionalisti, noglobal di tutta Europa. L’opposizione al trattato è stata molto variegata: cattolici fondamentalisti, socialisti-marxisti, indipendentisti, protezionisti, contadini. Tutte organizzazioni molto ideologizzate e molto più motivate delle governative e formali organizzazione per il si.</span></li><li><span style="font-family:verdana;">Votare no è stato un modo di votare contro il poco amato governo in carica e in particolare contro il controverso taoiseach (pronuncia /ˈtiːʃəx/, il primo ministro irlandese) Bertie Ahern, dimessosi lo scorso mese per il suo coinvoligimento su episodi di corruzione. Nonostante le recenti elezioni il governo in carica è assai poco apprezzato dagli irlandesi. Cosa non cambiata con il nuovo taoiseach Brian Cowen ex ministro della finanza che per carisma fa apparire in confronto Gordon Brown una rockstar. La cosa buona è che con la vittoria del no si eviterà che il discutibile Ahern diventi di primo presidente dell'Unione Europea.</span></li><li><span style="font-family:verdana;">Gli irlandesi incominciano ad aver paura di perdere il benessere raggiunto negli ultimi anni e le novità svaventano. L’Irlanda sta affrontando la peggiore crisi economica degli ultimi trenta anni. L' inflazione proprio il giorno delle elezioni ha toccato il 4,7% annuo, e il 7,8% per il cibo, più della media europea. Al momento 200.000 irlandesi si dichiarano disoccupati, era dal 1967 che non si registrava una così seria caduta dell’occupazione. Come ben sanno gli italiani che sono venuti in Irlanda a cercare lavoro negli ultimi mesi, la situazione sta precipitando: si sono persi 47.747 posti di lavoro solo negli ultimi mesi. Il Prodotto Interno Lordo continua a peggiorare: era pari al 7,4% del 2006 si è passato al 5,3% nel 2007 al 2,4% del 2008 e per il 2009 il Central Statistics Office prevede il 2,1%. Per la prima volta da decenni nel 2008 il saldo di bilancio sarà negativo. Ormai si incomincia a parlare senza tabù di recessione.</span></li><li><span style="font-family:verdana;">L’Irlanda è un paese conservatore e estremamente cattolico. L’aborto è illegale e fino al 1995 lo era anche il divorzio. La mancanza della indicazione delle radici cristiane, nella costituzione europea prima e nel trattato ora, ha portato a una palese ostilità da parte delle pervasive organizzazioni cristiane irlandesi. Ha guidato la campagna per il no “Libertas”, un movimento d'opinione cristiano pare finanziata da lobby ultraconservatrici americane e guidato dall'uomo d'affari Declan Ganle. Alla UE Libertas rimproverava le tentazioni filo-abortiste e ieri, nella loro sede di Dublino, fra cori sacri e statue della Madonna, una svastica copriva la carta dell' Europa, e i manifesti avvertivano: “Ascoltiamo Nostra Signora di Fatima che ci invita alla conversione per evitare il castigo... come cattolici respingiamo il trattato di Lisbona, che non contiene una sola parola su Dio!”.</span><br /></li></ul><span style="font-style: italic;font-family:verdana;">Pic: No to Lisbon, Pearse Street, Dublin</span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;">Song: Christy Moore - Only our Rivers Run Free</span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;">Link: <a href="http://www.libertas.org/">www.libertas.org</a></span><br /></div>utopiehttp://www.blogger.com/profile/07862578441109536849noreply@blogger.com20tag:blogger.com,1999:blog-7438052036469641746.post-43672044438599583192008-06-11T18:51:00.025+01:002008-06-24T22:28:23.889+01:00Piccola guida per essere felici<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiO1vNm4qUxQgrbAWuu0qf0VwewZ8PSg2sU9lmUs0VNr0RabO6eAp6cFZEKP5wzkgaq-gzsHvL413cQMISwgDda73JmChHI3Nj39w-SyjK1jnyudjRu7w0GTagfM0OxL9KjaPrILxQ-uecr/s1600-h/tyke_bullisland.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiO1vNm4qUxQgrbAWuu0qf0VwewZ8PSg2sU9lmUs0VNr0RabO6eAp6cFZEKP5wzkgaq-gzsHvL413cQMISwgDda73JmChHI3Nj39w-SyjK1jnyudjRu7w0GTagfM0OxL9KjaPrILxQ-uecr/s320/tyke_bullisland.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5210683104538231266" border="0" /></a><br /><div style="text-align: justify;"><ul><li><span style="font-family:verdana;">Comprati un aquilone e fallo volare nella lunga spiaggia della Bull Island. Potresti fare l'incontro della tua vita.</span></li><li><span style="font-family:verdana;">Spendi il 110% di quello che guadagni. Non importa se il tuo salario e' 1500 euro o 3000 euro. La vita e' adesso.</span></li><li><span style="font-family:verdana;">Il venerdi' pomeriggio collegati a Ryanair.com e scegli un volo economico che parte la sera o il mattino successivo. Lunedi' mattina tornerai a lavoro stanco ma con dolcetti di qualche citta' europea e delle storie da raccontare ai colleghi.</span></li><li><span style="font-family:verdana;">Comprati una bicicletta, magari di seconda mano, e scopri il labirinto di stradine del centro e i quartieri residenziali della periferia. Scoprirai un'altra Dublino.</span></li><li><span style="font-family:verdana;">Fai un corso di teatro, iscriviti ad una associazione di volontariato, partecipa a trekking organizzati, gioca nella squadra di hurling del quartiere. Apri il tuo mondo relazionale anche a chi non e' coinquilino, connazionale o collega. </span></li><li><span style="font-family:verdana;">Prendi del pane in cassetta e dai da mangiare ai cervi che vivono al Phoenix Park. Ne troverai uno più grasso degli altri che si avvicinerà a pochi centimetri da te e quando tornerai ti riconoscerà.<br /></span></li><li><span style="font-family:verdana;">Fai la spesa al Lidl, ma almeno una volta vai a mangiare al Thornton’s o al Patrick Guilbaud. Spezza ogni tanto la mortificazione culinaria dei lunch break irlandesi.</span></li><li><span style="font-family:verdana;">Non lamentarti se non hai il miscelatore nel tuo lavandino. La mattina divertiti ad usare le mani a coppetta. </span></li><li><span style="font-family:verdana;">Non andare a vivere in solitari monolocali o in affollati appartamenti. Condividi una casa con uno o due coinquilini. E dividi anche parte della tua giornata con loro.</span></li><li><span style="font-family:verdana;">Se hai un giardino pianta un ramoscello di rosmarino e stupisciti nel vedere la sua crescita impetuosa.</span></li><li><span style="font-family:verdana;">Non scegliere l'abitazione rispetto al costo o alla collocazione, ma rispetto a chi ci vive o ci vivra'. Se hai qualche soldo da parte affittata una casa intera e poi scegli tu con chi viverci. Fuggi da coinquilini francesi.</span></li><li><span style="font-family:verdana;">Vivi in centro. I soldi che spenderai in piu' li recupererai in spese di trasporto e benessere.</span></li><li><span style="font-family:verdana;">Non avere paura di viaggiare da solo. Se non trovi nessuno interessato ad andare a Belfast, vai in stazione e parti da solo. Il vero viaggio e' sempre solitario.</span></li><li><span style="font-family:verdana;">Non frequentare solo italiani, ma concediti ogni tanto una bella serata nazional-popolare a base di Sanremo, Italia - Olanda o lasagnata ai funghi. </span></li><li><span style="font-family:verdana;">Se non ne possiedi una, noleggia una macchina e vai nelle contee di Mayo e Sligo dove non troverai turisti, ma irlandesi che ti saluteranno per strada come se ti conoscessero da una vita. </span></li><li><span style="font-family:verdana;">Rispetta e personalizza la tua abitazione. Anche se ci starai solo tre mesi e i muri hanno la muffa. La tua casa e' il tuo rifugio. </span></li><li><span style="font-family:verdana;">La sera esci nei giorni feriali e rimani a casa nei giorni festivi. Oltre ai pub straffollati e le bande di ubriaconi del week end, la sera di Dublino puo' essere meravigliosa.</span></li><li><span style="font-family:verdana;">Fai il bagno a Sandycove. Anziani abitanti del posto lo fanno tutte le settimane. Tu che hai 50 anni in meno potrai farlo almeno una volta nella vita?</span></li><li><span style="font-family:verdana;">Usa una connessione internet ntl. Se sopravvivi al loro customer care avrai un solido legame col mondo e con le tue radici.</span></li><li><span style="font-family:verdana;">Quando torni a casa dopo il lavoro spegni la tv, abbassa le luci, metti Billy Holiday in sottofondo, fai respirare una bottiglia di Chianti e chiama le tue coinquiline chiuse in pigiama nella loro camera. Offri due bicchieri di vino e delle fragole di Wexford. Sedetevi nel divano e parlate di come e' andata la giornata. Potrebbe diventare una delle migliori serate della tua vita.<br /></span></li><li><span style="font-family:verdana;">Se ti e' possibile lavora in centro. Fare il contabile a 25k nel quartiere georgiano per una piccola azienda irlandese potrebbe essere preferibile di fare l'analista finanziario a 50k in un business park di periferia per una grossa multinazionale.</span></li><li><span style="font-family:verdana;">Vai in giro per Dublino a piedi o in bicicletta e cataloga le meravigliose sculture che arredano la citta'. Scegli quelle che ti emozionano di più e mostrale ad un amico.<br /></span></li><li><span style="font-family:verdana;">Ubriacati, vai in discoteca fino all'alba, fumati un cannone, importuna le irlandesi seminude che girano per Temple Bar, fai qualcosa di cui vergognarsi il giorno dopo. Almeno una volta. Cosa racconterai al tuo nipote ribelle tra 40 anni?</span></li><li><span style="font-family:verdana;">Sii consapevole di dove vivi. Leggi i giornali, ascolta la radio, vedi i telegiornali, chiacchiera con gli irlandesi. Se dopo un anno che sei in Irlanda non conosci il nome della presidente della repubblica o del sindaco di Dublino forse sei solo un turista permanente. </span></li><li><span style="font-family:verdana;">Non smettere mai di studiare la lingua del posto. Vai in una delle fantastiche librerie di seconda mano di Dublino e prendi i libri in inglese. Lasciati consigliare dal proprietario oppure prendi i libri che ti attirano magari semplicemente per il colore della copertina o per il titolo. </span></li><li><span style="font-family:verdana;">Se durante il BBQ che hai organizzato incomincia a piovere non disperare. I momenti piu' divertenti che ho passato in Irlanda son stati quelli in attesa che spiovesse. E poi se hai invitato qualche irlandese la birra e la chiacchiera non mancheranno di certo.</span></li><li><span style="font-family:verdana;">Vai nel tardo pomeriggio in qualche pub di periferia. Non passera' molto che sarai simpaticamente importunato da qualche irlandese che vuole sapere la storia della tua vita. </span></li><li><span style="font-family:verdana;">Mantieni tracce di quello che fai. Con un blog, un taccuino degli appunti, una macchina fotografica o una matita e dei fogli di riciclo.</span></li><li><span style="font-family:verdana;">Organizza cenette a casa tua. Inviata ospiti eterogenei e di diverse nazionalita'. Ma mai piu' di sei. </span></li><li><span style="font-family:verdana;">Cura il tuo fisico. Fai attenzione all'alimentazione e non sopravvivere a panini. Vai in bicicletta, in piscina, corri lungo la baia o nei parchi, vai in palestra. Non e' una condanna definitiva mettere i classici 6 chili dopo 12 mesi in Irlanda.</span></li><li><span style="font-family:verdana;">Non avere paura di innamorarti. La vita da soli all'estero puo' essere difficile. In compagnia tutto sara' piu' semplice. E anche tutto piu' complicato, ma alcune complicazioni sono indispensabili.</span></li><li><span style="font-family:verdana;">Non sentirti un emigrato. Sei solo un europeo che per un periodo della sua vita sta lavorando a Dublino. A parte la lingua e qualche aspetto culturale vivere in Irlanda puo' essere meno traumatico di trasferirsi a Milano da Catanzaro.</span></li><li><span style="font-family:verdana;">Meravigliati tutti i giorni.</span></li></ul></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-style: italic;">Pic: Aquilone alla Bull Island, Dublino (photo by Zyta)</span><span style="font-family:verdana;"></span><br /><span style="font-style: italic;">Song: Michael Nyman - Here to There</span><br /><span style="font-style: italic;">Link: <a href="http://www.naughtonsbooks.com/">www.naughtonsbooks.com</a></span><br /></div>utopiehttp://www.blogger.com/profile/07862578441109536849noreply@blogger.com32tag:blogger.com,1999:blog-7438052036469641746.post-31670550904387264962008-05-29T00:49:00.019+01:002008-06-13T02:50:48.629+01:00Il migliore pub irlandese<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjK7Or89RhJpxvjxlGSYmhA7a5Kk6EQ2OomlgeinYhWDU9zntId2fIgxeA4N2Upun2AI76WfFNBdfDebCi8T36KYDSK6muJymHqGZ_t9GQF3D__LE1gkr3LTuwEd5YgCLNZT1ance7ZMS4B/s1600-h/rotterdambar.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjK7Or89RhJpxvjxlGSYmhA7a5Kk6EQ2OomlgeinYhWDU9zntId2fIgxeA4N2Upun2AI76WfFNBdfDebCi8T36KYDSK6muJymHqGZ_t9GQF3D__LE1gkr3LTuwEd5YgCLNZT1ance7ZMS4B/s320/rotterdambar.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5205580829980013874" border="0" /></a><br /><div style="text-align: justify;"><span style="font-family:verdana;">Questo sabato ero ad un barbecue con colleghi nella contea di Kildare. Il classico BBQ irlandese con tanta birra, prato verdissimo, beef burgers sulle carbonelle e immancabile acquazzone che ha interrotto la festa sul più bello. Nel tardo pomeriggio ci chiudiamo nel cottage e Marie tira fuori altre lattine di Budweiser e alcune bottiglie di Merlot fino a quando prima che si cada tutti ubriachi il fidanzato di Karen parla di un concerto di Joe Satriani (certamente uno dei migliori chitarristi in circolazione, che non mi ha fatto rimpiangere il concerto di Bruce Springsteen di due giorni prima) alla Queen's University di Belfast e chiede chi vuole fare due ore di macchina e "enjoy us with oul nordic fella". Metà di noi alza la mano, ci contiamo ci sono tre macchine e abbiamo quattro posti in più. Ritorniamo a Dublino che le ragazze devono mettersi il vestito da sabato sera e si devono recuperare alcune persone. Io torno a casa e convinco una mia coinquilina appena tornata da lavoro a seguirmi. A Belfast torno volentieri. La città non ha la bellezza di Dublino ma mi emoziona e affascina ogni volta che ci torno. Il concerto è valido e si tornerà a Dublino solo la domenica sera senza in sostanza dormire e nove di noi lunedì si daranno malati. Tante cose accadono in 24 ore, ma quello di cui vi voglio parlare è della scoperta del migliore pub finora visitato in Irlanda: il Rotterdam Bar.</span><span style="font-family:verdana;"><br /><br />Il Rotterdam Bar di Belfast si trova lontano dal centro e dalle guide turistiche. Non è un pub famoso come il vittoriano Crown Liquor Saloon con le sue piastrelle colorate, le vetrate in marmo, le ceramiche, gli specchi e le colonne in mogano. E neanche è popolare quanto il divertente Duke of York seminascosto in un vicolo nel cuore del quartiere che ospitava le redazioni dei quotidiani. Il Rotterdam Bar è altro. Piccolo, periferico, buio, a nord del Cathedral Quarter sulla sponda ovest del fiume Lagan. Il Rotterdam Bar è un luogo fantastico, un posto da marinai che profuma di mare, un pub pieno d’atmosfera e incorreggibilmente vecchio stile. Non è stato devastato da architetti di interni alla moda e l’arredo è quello di cento anni fa con sedie e tavoli spaiati e un labirinto di piccole stanzette con ognuna un caminetto sempre acceso. Il soffitto è basso e l’odore del legno che ricopre le pareti inteso. Pare che queste stanze fossero usate in passato come celle per i prigionieri prima della loro deportazione in Australia. Un locale dove ogni giorno c’è musica dal vivo con un grande spazio all’esterno che ospita in primavera ed estate gruppi jazz, rock, folk o blues, ma anche tanti tavolini corrosi dalla salsedine e tanti barbeque in legna per le frequenti grigliate. Il pub doveva essere demolito per far spazio a moderni e lussuosi appartamenti. Una petizione e una sollevazione popolare ha al momento bloccato lo scempio, ma il comitato promotore della campagna "Save The Rotterdam" tiene sotto osservazione le possibile future manovre speculative.<br /><br />La frequentazione è varia. Il giovane alternativo, il gruppo di universitari, una famiglia del quartiere vicino, la coppia intellettuale, le signore in libera uscita, gli amici di una vita. Nessun turista. Io vengo subito inquadrato da sguardi sorpresi e ospitali. Un locale repubblicano pieno di cimeli patriotici dove puoi bere solo birra irlandese e guai a chiedere una Carling, qua si beve solo Smithwick’s, Kilkenny, Harp, Beamish e Guinness ovviamente, che anche in un affollato sabato viene spillata con cura e attenzione e paghi solo due pounds e quaranta. Un locale che ti coinvolge e avvolge dove ti può capitare dopo essere arrivato da 30 minuti di suonare sul palco con la tua armonica, insieme al gruppo della serata, una famosa canzone tradizionale irlandese, che tu ovviamente non conosci e di cui sbagli l'intonazione. Ma tutti ti applaudono e ti battono le mani sulle spalle e ti offrono una pinta. E tu sei felice. Perché sei al Rotterdam Bar. Il migliore pub d’Irlanda.</span><br /><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Pic: Rotterdam Bar, Belfast </span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Song: Joe Satriani - Professor Satchafunkilus</span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Link: <a href="http://www.rotterdambar.com/">www.rotterdambar.com</a> </span><br /></div>utopiehttp://www.blogger.com/profile/07862578441109536849noreply@blogger.com16tag:blogger.com,1999:blog-7438052036469641746.post-23022100368749611242008-05-23T00:48:00.024+01:002008-06-03T10:28:28.145+01:00Web marketing nella la casa gotica<div style="text-align: justify;"><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgf4BBzmRhAt84Mwdb0BIee2AXbwZt6FF5SUdrdBjdFmo7MVKm-TqQPkvfmE2YToLOXI2EpjiSYC_z8FrKMDCFpFfc0CtmYjr2uOJcs_e_sIzKNV-Vs6RhZej4dNN0rPgM2AtBz9Q0u0Lcs/s1600-h/georgiandoors.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgf4BBzmRhAt84Mwdb0BIee2AXbwZt6FF5SUdrdBjdFmo7MVKm-TqQPkvfmE2YToLOXI2EpjiSYC_z8FrKMDCFpFfc0CtmYjr2uOJcs_e_sIzKNV-Vs6RhZej4dNN0rPgM2AtBz9Q0u0Lcs/s320/georgiandoors.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5203353610264163618" border="0" /></a><span style="font-family:verdana;"><br />Da circa un mese lavoro per una società irlandese in una casa georgiana a Dublino 2. Sul mio contratto e sui miei biglietti da visita c’è scritto che sono un “Web Marketing Manager”. Mi occupo di promozione, formazione e consulenza per hotel in Irlanda e nel mondo. Parrebbe il posto giusto per me. </span><span style="font-family:verdana;">Tra le mie passioni ci sono i viaggi, internet e la comunicazione. Tra i settori economici in crescita ci sono il turismo, la telematica e il marketing. </span><span style="font-family:verdana;">L’azienda nata a Dublino si sta sviluppando velocemente e negli ultimi due anni sono nati sette uffici locali in Europa, Asia e Sud America. Nel 2009 si aprirà un nuovo ufficio in Italia (si parla di Firenze) e l’idea sarebbe che a gestirlo o almeno a seguire lo start up dovrei andare io se non combino troppi casini quest’anno. Al momento di tornare in Italia non ho nessuna voglia. In futuro chissà.<br /></span><ul style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-family:verdana;">L'arte della negoziazione</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Accettare la proposta (ormai non mando da mesi più curriculum ma sono i recruiters o le aziende che mi contattano per offrirmi lavori trovando il mio resumé su monster.ie) non è stato facile. Infatti la proposta iniziale era di 6.000 euro all’anno inferiore al mio stipendio in Accenture. In Accenture prendevo tanto (anzi troppo per quello che facevo), e soprattutto molto di più dei miei colleghi e credo anche del mio supervisor. Tutto grazie alla negoziazione fatta. A differenze dei miei colleghi infatti alla offerta fattami dal recruiter ho contrapposto uno stipendio giornaliero molto maggiore della cifra proposta. Alla fine si è trovato un accordo ma la busta paga era decisamente robusta, anche se si trattava di un contratto di un anno senza benefits (no ferie pagate, no malattie pagate, no schema pensionistico, no assicurazione). Ho ricevuto altre proposte negli ultimi mesi (fondamentalmente ruoli da analista) ma nonostante gli interessanti salari si trattava di grosse multinazionali con sede in business park. Arrivatoci non mollo di certo il quartiere georgiano. Inoltre in fase di negoziazione sono riuscito a spuntare alla mia azienda 2.000 euro in più all’anno e la revisione salariale dopo 6 mesi e non dopo 12 mesi come precedentemente previsto. Ovviamente permanet contract con tanti benefits e le fantastiche irish bank holiday (cioè le festività che cadono sempre di lunedì facendoti fare circa una volta al mese un bel lungo week end).</span><span style="font-family:verdana;"><br /><br /></span><ul><li><span style="font-family:verdana;"><span style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);">Il fantasma di </span></span><span style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);font-family:verdana;" >Jackie Carey</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">L’azienda dove lavoro nata pochi anni fa ha avuto negli ultimi anni una crescita tumultuoso e negli ultimi tempi si sono triplicati fatturato e dipendenti. La sede è a Fitzwilliam Square a 10 minuti a piedi da casa mia (o 5 in bicicletta). Tra ambasciate, sedi governative e aziende irish della new economy. Sono nel cuore di Dublino e andare a lavoro e passare tra Merrion Square, Holles Street e Baggot Street è un piacere. La sede iniziale dell’azienda era il seminterrato. Crescendo si sono acquistati anche i piani superiori e ora gli uffici sono dislocati tra il vecchio appartamento del maggiordomo, la ex living room o la sala da thè di epoca georgiana. Io sto al piano terra nel vecchio appartamento del giardiniere con il garden di fronte, per raggiungere la stanza delle ragazze dell’Account and Sales passo per una scala segreta usata un tempo dalla servitù. Pare che il leggendario pugile irlandese Jackie Carey sia nato in questa casa come figlio illegittimo di una domestica, molti colleghi giurano che il suo fantasma vive nella casa, ma credo che il rumore dipende dal server che è stato messo nella soffitta. Mentre l'atmosfera è molto gotica e ricca di storia, la tecnologia utilizzata è molto avanzata. Io apprezzo in particolare l'utilizzo degli Apple e sul mio desk con mio grande godimento tutte le mattine trovo un iMac 24" collegato con un MacBook Pro.<br /><br /></span><ul><li><span style="font-family:verdana;"><span style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);">The Irish Staff</span></span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Sono l’unico italiano e a parte due polacche e un ungherese i miei colleghi sono tutti irlandesi. Questa cosa mi piace. Ho anche un mio piccolo staff di 3 ragazzi appena usciti dal college: un seo, una sem e una html editor. Finalmente mi sento integrato alla città e alla sua economia. Il clima è molto sereno e rilassato. Qua quello che contano sono i rapporti umani e le performance, non la marziale disciplina delle multinazionale dove tutto è analizzato compresi i minuti che perdi in bagno per esigenze fisiologiche. </span><span style="font-family:verdana;">Per ora l’ostacolo maggiore è l’inglese. Per il mio ruolo devo comunicare continuamente con colleghi e clienti irlandesi e non sempre comprendo tutto o sono chiaro io. Decisamente divertenti i meeting aziendali quasi quotidiani dove sono continuamente incitato a dare il mio parere e dove io improvviso ragionamenti di strategie di marketing in un accento che parrebbe assai divertente vedendo i sorrisi dei colleghi. </span><span style="font-family:verdana;"><br /><br /></span><ul><li><span style="font-family:verdana;"><span style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);">The Lunch Break</span></span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Lavoro dalle 9 alle 17.30 con un’ora di pausa. Ma tutto è molto adattabile e spesso io arrivo alle 10 e vado via alle 19.00 e prendo 2 ore di pausa pranzo. Le pause pranzo in centro sono meravigliose. Abbiamo una cucina completa di tutto (inclusa macchina per caffe' espresso professionale) e non la canteen come le multinazionali. Ognuno di noi ha uno scafale che io ho riempito di Nutella, digestive biscuits, pasta De Cecco, ortaggi e frutta di stagione. Pero' in questo magnifico e soleggiato maggio di solito esco e in 5 minuti arrivo nei più bei parchi di Dublino. E allora si prende un panino con le salamelle all’Unicorn o un sandwich al salmone affumicato allo Swedish Food e si va al Fitzwilliam Park (parco privato di cui abbiamo le chiavi) o sui prati del Merrion Square Park o del St Stephan Green. Da consigliare in questo periodo l’Ivenagh Garden, il parco più bello di Dublino che ospita “The Secret Garden” una clamorosa mostra scultorea organizzata dalla Salomon Gallery. Alternative sono pranzare lungo il Grand Canal oppure prendere la bicicletta e andare in giro per il centro di Dublino o verso la baia. Da evitare il tornare a casa per il break. Per due volte lo ho fatto e in entrambi i casi mi sono addormentato dopo pranzo.<br /><br />Nonostante le difficoltà linguistiche e qualche euro in meno in busta paga penso di aver fatto la scelta giusta ad accettare questo lavoro. E la sicurezza la ho avuta quando il secondo giorno di lavoro invece che darmi il solito triste badge con una foto personale orribile impressa mi è stato consegnato un grosso anello di ferro con attaccate tutte le undici chiavi della casa georgiana. Non solo una azienda. La mia seconda casa.</span><br /><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Pic: Georgian Doors, Dublin</span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Song: Frank Sinatra – Fly Me To The Moon</span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Link: <a href="http://www.solomongallery.com/">www.solomongallery.com</a></span><br /></div>utopiehttp://www.blogger.com/profile/07862578441109536849noreply@blogger.com29tag:blogger.com,1999:blog-7438052036469641746.post-27065529845256050942008-05-13T00:02:00.009+01:002008-05-13T22:46:23.529+01:00Berlino e il potere del denaro<div style="text-align: justify;"><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivU6Y3M9K0bD-K1AH_IzuIOaAzxrSCP-sVRz2ZVyc4-jccs1ZYD0_H4jFV8NabBkQuE5WwTwSKPjp0rJTAfleXfqAd_UcpXnrbjgqHNO5jYT9cBP3RWGR-dGKlEZux1f98E68OlmImv0xn/s1600-h/Brandenburger_Tor.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEivU6Y3M9K0bD-K1AH_IzuIOaAzxrSCP-sVRz2ZVyc4-jccs1ZYD0_H4jFV8NabBkQuE5WwTwSKPjp0rJTAfleXfqAd_UcpXnrbjgqHNO5jYT9cBP3RWGR-dGKlEZux1f98E68OlmImv0xn/s320/Brandenburger_Tor.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5199630769152911314" border="0" /></a><br /></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-family:verdana;">Alcuni anni fa ho scritto un libretto sul denaro e i sistemi di scambio non monetari. Il libro ha venduto e continua a vendere abbastanza bene e mi arrivano ancora i diritti d’autore a fine anno. La cosa divertente nel pubblicare libri sono i momenti di presentazione che io ho fatto per quasi un anno dopo la pubblicazione. Mi divertivano le presentazioni perché a meno che non fosse necessaria una esposizione ortodossa (Università, Istituzioni, Corsi di Formazione, etc.) proponevo presentazioni con mezzi teatrali e formativi per piccoli gruppi e attraverso alcuni strumenti (psicodramma, teatro dell’oppresso, role-playing, etc.) si simulavano i sistemi che descrivevo nel libro e le modalità di condizionamento del denaro. Erano anni che non facevo presentazioni e mi negavo ai pochi che me le proponevano. Mi sono riarmato di slide show e manuale del formatore per una interessante proposta overseas. La scorsa settimana sono stato invitato a Berlino dal DAAD (Der Deutscher Akademischer Austauschdienst), una associazione culturale che invita scrittori, artisti, film maker, educatori al fine di movimentare il panorama culturale della città. Veniva presentato un volume che raccoglie le varie esperienze di scambi non monetari in Europa. Nelle pagine riguardanti l’Italia e la Francia hanno tradotto due miei capitoli.</span><span style="font-family:verdana;"><br /></span><ul style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-family:verdana;">Hippy Seminar</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Krista è una simpatica e gigantesca (circa 190 centimetri) tedesca dell’Est e si sta laureando in Letteratura Italiana e è stata la mia ombra per due giorni in quanto doveva farmi da traduttrice. E’ rimasta credo un po’ delusa nel vedermi. Da quello che mi dirà la sera dopo in una birreria sta cercando di fidanzarsi con un italiano o almeno vuole passare più tempo possibile con madrelingua. Io sono troppo brutto o perlomeno troppo basso per un “fidanzamento breve”. Mi fa fare nella sua Golf gialla di seconda mano un giro per la città e mi accompagna in albergo. Simpatica la ragazza ma totalmente inadatta a tradurre una relazione economica. Non sapendo il significato di deflazione, sistema monetario internazionale o svalutazione farò la conferenza in inglese con sveglia traduzione di un ragazzo tedesco specializzando in Economia dello Sviluppo. La conferenza è assai poco formale. Dentro una sala da 500 posti ci sono un centinaio di persone che sembrano uscite da una macchina del tempo. C’è il professore trotzkista con i capelli alla Einstein, il punk con gli occhialini da intellettuale, il laureando timido che sta preparando la tesi su economia e fiducia, le erasmiane spagnole finite qua forse per il rinfresco finale. Mi si chiede brevità e io sono brevissimo e dopo aver esposto qualche grafico vado a braccio e chiedo di farmi domande. A un certo punto un tipo arrogante mi chiede cosa è per me il denaro e di fargli un esempio concreto di come la felicità non è portata dal denaro. Gli parlo di quello che ho fatto un paio di settimane fa, cioè lasciare Accenture per un nuovo lavoro in una azienda irlandese in cui prendo 6.000 euro in meno all’anno, ma sono tanto più felice. Alla fine per i pochi sopravissuti alla conferenza propongo il mio cavallo di battaglia: il gioco del tempo, denaro e spazio. L’esercizio che di solito dura 20 minuti nella sala che si riempie di curiosi e lattine di birra va avanti per un ora abbondante. La conferenza accademica si trasforma alla fine in un party spontaneo con il trotzkista con i capelli alla Einstein che si addormenta sul bancone dei conferenzieri. </span><span style="font-family:verdana;"><br /></span><ul style="font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-family:verdana;">Taccuino e lapis</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Il giorno dopo armato di taccuino e lapis, vado a caccia di emozioni, ambienti, personaggi, sensazioni. Passeggio in giornate ventose, costeggio i pochi resti del muro nella zona di Brandenburger Tor, sono sorpreso da una pioggia torrenziale nel bel mezzo del Tiergarten, solo, e per di più, senza giacca a vento. La città mi pare strana, orgogliosa, frenetica e burrascosa. Non ci ero mai stato a Berlino. Non essendoci venuto prima del 1989 quando Berlino con tutti i capitali occidentali che vi entravano era la capitale culturale e giovanile dell’Europa avevo perso interesse a vedere la ricostruzione. Berlino appare anche ora ricca capitale della Germania Unita, facile da vivere, ordinata, piena di umanità. Forse perché insieme ai burocrati arrivati negli ultimi anni ancora vi abitano tantissimi giovani perlopiù universitari; i punti di incontro sono tantissimi; la fascia oraria dedicata alla socievolezza è ampliamente spostata oltre la mezzanotte, con locali che aprono – come a Riccione – alle quattro del mattino; i prezzo sono accessibile. Dublin is so far.</span><br /><span style="font-family:verdana;">Quello che ho scoperto ascoltando gli altri relatori nella conferenza e lo spirito di solidarietà diffusa che è presente a Berlino che va dall’esperienza ormai famosa degli occupanti di case (Housbesetzer) a quelli dell’assistenza, chiamato in gergo “soccorso”, a persone amiche od anziani, per le piccole spese domestiche, qualora, per esempio, influenze e malanni blocchino in casa persone che vivono sole. Le esperienze di scambi non monetari sono tantissime e ne sono coinvolti oltre 5.000 cittadini divisi in diversi sistemi dai circoli Wir ai Tauschring.</span><br /><span style="font-family:verdana;">La socievolezza di Berlino si esprime anche nell’esistenza di migliaia di Kneipen (birrerie) in cui è possibile incontrare gente per tutta la notte, sentire musica, chiacchierare, sbronzarsi dolcemente con le bollicine del Sekt, un vinello spumante che ha sostituito in questo soggiorno la mia amata Paulaner, solo qui spillata con cura e pazienza.</span><br /><span style="font-family:verdana;">Berlino mi è parsa una città fatta di cose concrete, di rapporti umani “pesanti” e non frivoli, poiché anche la sua frivolezza nasconde quella particolare pensosità che noi chiamiamo “nordica”. E’ una città culturalmente vivace, aperta, spericolata. Una città che è stata la capitale del mondo e che la storia sembrava condannare allo svanimento. A Berlino vedi la gloria e la rovina, il successo e la disperazione. Un fine settimana è troppo poco. Ci tornerò. Anche ora che il muro non c’è più.</span><span style="font-family:verdana;"><br /><br /><span style="font-style: italic;">Pic: Brandenburger Tor, Berlin</span></span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Song: Bruce Springsteen – Eyes On The Prize</span><br /><span style="font-family:verdana;"><span style="font-style: italic;">Link: <a href="http://web.tiscali.it/economiesenzadenaro">web.tiscali.it/economiesenzadenaro</a></span> </span></div>utopiehttp://www.blogger.com/profile/07862578441109536849noreply@blogger.com11tag:blogger.com,1999:blog-7438052036469641746.post-5839108088499540092008-05-03T15:02:00.016+01:002016-03-08T11:08:43.989+00:00Il peggio di Dublino – Parte seconda<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2bUHR5mxxEtiPsal6DznVhOpjKrFTTt8jjmGCpWDb8tXLAI2YN7FAFpQnhyF1SdvV00Yq5FGtOEpJNQcj8NK_vA1F6scd_vwL_gOryCHa_div496Hif-QpUTbZ_04H6uHkgxC_boAJm8f/s1600-h/boyne_st.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5196174975875061666" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2bUHR5mxxEtiPsal6DznVhOpjKrFTTt8jjmGCpWDb8tXLAI2YN7FAFpQnhyF1SdvV00Yq5FGtOEpJNQcj8NK_vA1F6scd_vwL_gOryCHa_div496Hif-QpUTbZ_04H6uHkgxC_boAJm8f/s320/boyne_st.jpg" style="cursor: pointer; display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center;" /></a><br />
<div style="text-align: justify;">
<ul style="color: rgb(149 , 189 , 103); font-weight: bold;">
<li><span style="font-family: "verdana";">La provincialità</span></li>
</ul>
<span style="font-family: "verdana";">Sarà anche bello uscire la sera e trovare visi conosciuti per le strade del centro o nei soliti locali come se si abitasse in un paesone. Però devo ammettere che non trovare un ristorante aperto dopo le undici di sera o un cinema con spettacoli dopo le nove mi esaspera. Inoltre i vari festival sono mediamente modesti, le nuove tendenze musicali e fashion non nascono certo qua, l’alimentazione e l’abbigliamento sono una parodia del modello inglese, le associazioni culturali latitano, i negozi chiudono alle diciotto, nonostante i prezzi lo standard dei ristoranti e decisamente basso, esistono tanti immigrati che però raramente riescono a dare un contributo sociale e culturale alla città come e' accaduto e accade ancora a Londra, Parigi o New York. A volte si cade anche nel ridicolo; come durante la "notte bianca" dublinese che qua chiamano "Culture Night". Tutto finiva la scorsa edizione alle 22, ora in cui nelle altre capitali europee la festa non era ancora iniziata.</span><br />
<ul style="color: rgb(149 , 189 , 103); font-weight: bold;">
<li><span style="font-family: "verdana";">Irish time</span></li>
</ul>
<span style="font-family: "verdana";">Per “irish time” da queste parti si intende l’abitudine irlandese di arrivare in ritardo. Ad alcuni italiani questa cosa piace e li fa sentire a casa. Il trovarmi un report promesso martedì il giovedì o l’andare a un ristorante per una cena prevista alle 7pm e poi inziare a mangiare alle 8:30 a me invece infastidisce. </span><span style="font-family: "verdana";"><br /></span><br />
<ul style="color: #95bd67;">
<li><span style="font-family: "verdana";"><span style="font-weight: bold;">I prezzi</span></span></li>
</ul>
<span style="font-family: "verdana";">800 euro al mese una camera singola in centro. 5 euro una pinta di Guinness. 90 euro una cena per due in un’enoteca. 12 euro il ticket per i 3 kilometri di tunnel dal Docklands a Dublin North. 40 euro un tacco per un paio di scarpe in pelle. 2 euro un biglietto del bus. 1.50 euro una melanzana. 20 euro un taxi per fare quattro kilometri. 52 euro il biglietto treno A/R Dublino Belfast. 16 euro una bottiglia di pessimo Cabernet alla Tesco.</span><span style="font-family: "verdana";"><br /></span><br />
<ul style="color: #95bd67;">
<li><span style="font-family: "verdana"; font-weight: bold;"><span style="color: rgb(149 , 189 , 103);">Dublin Airport</span></span></li>
</ul>
<span style="font-family: "verdana";">L’aeroporto di Dublino rappresenta perfettamente il contrasto tra andamento dell’economia e quello delle infrastrutture. Nonostante l’ottimo utilizzo delle risorse europee, l’Irlanda non è riuscita a dotarsi di dignitose infrastrutture capaci di supportare l’incredibile sviluppo dell’economia degli ultimi anni. Le strade interne sono strette e con curve nonostante gli spazi pianeggianti. Dublino-Galway in tre ore e mezzo in treno e quattro ore in bus. Non esistono colleganti via mare tra le città irlandesi. L’aeroporto di Dublino è il peggio. Indecoroso e inadeguato. Un grosso shopping center cafone che si sta sviluppando (peraltro solo ora con la crisi economica già arrivata) a forma di piovra con nuovi tentacoli che che si aprono ogni mese apparentemente senza una visione comune. I negozi aprono dopo le otto e chiudono prima delle ventidue (cioè quando parte e arriva il grosso degli aerei low cost), non esiste nessun collegamento su rotaie per il centro. E se arrivate dopo le ventitré non pensate di trovarvi bus che vi aspettano. Dovete fare un paio di ore di code all’aperto in attesa di un taxi.</span><br />
<ul style="color: #95bd67;">
<li><span style="font-family: "verdana"; font-weight: bold;">National Museum of Ireland</span></li>
</ul>
<span style="font-family: "verdana";">Il National Museum of Ireland a Dublin sette è uno dei peggiori musei che abbia mai visto. Un’accozzaglia di teche con vecchi costumi, anticaglie, porcellane, antiquariato senza un’idea d’insieme. Sorprendente che la maggior parte dei percorsi finisca in un cul de sac e quindi vedi (controvoglia) le stesse esposizioni più volte. Particolarmente deprimente l’esibizione sulla storia del denaro, con tante monete buttate alla meno peggio su astucci scoloriti. Più adatta a Disneyworld la Sea Stallion (una riproduzione di una nave vikinga) esposta nel giardino interno. Il cappuccino nel caffè interno à imbevibile.<br /></span><span style="font-family: "verdana"; font-style: italic;">Pic: Boyne Street, Dublin</span><br />
<span style="font-family: "verdana"; font-style: italic;">Song: Creedence Clearwater Revival – Bad Moon Rising</span><br />
<span style="font-family: "verdana"; font-style: italic;">Link: <a href="http://www.dublinairport.com/">www.dublinairport.com </a></span></div>
utopiehttp://www.blogger.com/profile/07862578441109536849noreply@blogger.com41tag:blogger.com,1999:blog-7438052036469641746.post-174495866011454482008-04-24T15:08:00.024+01:002008-05-07T00:09:30.967+01:00Joe Daly Cycles<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2UdL_bkv7kAASWQjEDHUAQtsPRPdnjUHZCoEhySFEVB6H9SHatC6imZEWKUJYYHb_4j3r1fDIekYCqBGrhwO_zhdn9C0cLooR8DlpQJd6bO2AcAZo1hobGaMSO7lzL548V-oRnv-FOZkI/s1600-h/JoeDaly_Cycles.JPG"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5192814760966395778" style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center;" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj2UdL_bkv7kAASWQjEDHUAQtsPRPdnjUHZCoEhySFEVB6H9SHatC6imZEWKUJYYHb_4j3r1fDIekYCqBGrhwO_zhdn9C0cLooR8DlpQJd6bO2AcAZo1hobGaMSO7lzL548V-oRnv-FOZkI/s320/JoeDaly_Cycles.JPG" border="0" /></a><br /><div align="justify"><span style="font-family:verdana;">Ci sono molti negozi in cui comprare una bicicletta a Dublino. MacDonald in Wexford Street, Cycle Lodgical in Bachelors Walk o Cycle Ways in Parnell Street. Ma se volete trovare un negozio-museo seriamente dublinese dovete andare da Joe Daly Cycles a Dundrun, a poche centinaia di metri dalla fermata della Luas e del piu’ grande centro commerciale d’Europa. Il negozio e' a Dundrun da decenni. Lo fondo’ nel 1951 Joe Daly ex ciclista professionista e ora il figlio David continua a vendere biciclette, nuove e usate, a ripararle, a organizzare eventi a trattare i clienti come amici a cui dare un consulto.</span></div><div align="justify"><span style="font-family:verdana;">Questa settimana sono stato la’ per comprarmi la mia hybrid bike. </span><span style="font-family:verdana;">Il negozio - affiancato al spettacolare ponte color argento del William Dargan Bridge - e' luogo di storia e tradizione. Allineate con maniacale precisione, si trovano city bikes, hybrid bikes, mountain bikes, racing bikes. E poi pompe, serrature, catene, caschi. In un angolo per le riparazioni e la vendita di biciclette di seconda mano i muri sono colorati di arancione. L’atmosfera e’ piu’ simile a un club che a un un negozio.<br /></span><span style="font-family:verdana;">Entro e prima che io possa chiedere bruttalmente se hanno qualche city bike o hybrid bike a buon mercato incontro subito David e la moglie Anne che si presentano per nome come se la mia fosse la visita di cortesia di un vicino di casa. Mi presento e parlo un attimo di me. Subito dopo mi chiedono che uso voglio fare della bicicletta, in che zona abito e quanto voglio spendere. Io rispondo vagamente e faccio capire che sono un ciclista della domenica con poche pretese, con nessuna conoscenza tecnica e che non desidera spendere troppo per una bicicletta che usero’ poco. Detto questo David srotola un metro giallo e comincia a prendermi - come fosse un sarto - le "mie misure biomeccaniche". Poi mi fa una carrellata dei diversi modelli tra i piu' economici di bici e nel mentre mi parla del negozio e di suo padre.<br /></span></div><div align="justify"><span style="font-family:verdana;">Il boom della Tigre Celtica ha rappresentato uno spartiacque per il negozio. Il terreno in cui sorgeva il negozio ha aumentato il valore in modo esponenziale e le opzioni erano: o vendere il negozio e farci un po’ di soldi, o indebitarsi un po’ ed ingrandirsi. Nella famiglia si e’ discusso a lungo e alla fine si e’ scelta la seconda opzione. Per fortuna. Il negozio e cresciuto ed e’ diventato un vero museo della storia di Dundrun. All’interno ci sono grandi murales con effigi di ciclisti fatti dagli studenti del Dundrum College coordinati da Francis, il figlio artista di David. I murales sono nati come competizione finanziata dalla Bank of Ireland.</span></div><div align="justify"><span style="font-family:verdana;">Il negozio originario è in Main Street dove sorgeva nel dopoguerra un ufficio postale. Lo stesso nel quale lavoro’ all’eta’ di 12 e 13 anni Joe Daly, che consegnava telegrammi a mano ma che poi non pote’ essere assunto come postino perche’ non aveva una bicicletta. Quasi per rivalsa con i primi soldi avuti lavorando in un garage si compro’ una bicicletta nel dopoguerra e incomincio’ a fare gare locali fino a diventare professionista per alcuni anni. Nel 1951 apre il negozio. Ora il negozio si è spostato in una nuova struttura architettonicamente iperfuturista a poche centinaia di metri di distanza. Nel negozio c’e’ una cornice con il primo penny guadagnato. Ci sono anche le foto di Joe Daly con politici locali, come il presidente Mary McAleese e l’ex presidente Cearbhaill Ó Dálaigh. E c’e’ un guest book, messo da pochi anni, firmato da russi e costaricani, indiani e australiani, americani e belgi. "We've connections all over the place" - dice David - "you'd be surprised! We've a third generation of customers coming in here too".</span></div><div align="justify"><span style="font-family:verdana;">Con il tempo le bici sono cambiate. "Un tempo" - mi dice David - "una buona bici costava circa 16 lire irlandesi, e pochi potevano permettersela. Ora ormai si trovano bici piu’ economiche, e tutti possono permettersela". Raleigh e Hercules erano le biciclette più utilizzate un tempo, erano a uno o a tre rapporti. Ora le bici hanno da 18 a 27 marce e il design è cambiato completamente. Sono più leggere e più facile da guidare. In passato mi dice che c’erano piu’ acquirenti donne. Ma “tutto è cambiato adesso, tutte le ragazze vogliono le automobili di questi tempi”.</span></div><div align="justify"><span style="font-family:verdana;">Alla fine esco dal negozio con una Raleigh Voyager argento e fumo di Londra che pago il doppio del budget previsto. Rimarro’ in ansia in futuro per i numerosi furti di bicicletta che avvengono a Dublino. Ma la spesa valeva il racconto e la bicicletta che ho trovato mi calza come un abito su misura e la sento mia. Prima di andare via David mi guarda negli occhi e quasi a capire una mia curiosita’ inespressa mi dice di seguirlo al piano di sopra. Curvo su una sedia in legno intento a sostituire i freni anteriori di una bicicletta di seconda mano vedo un vecchio signore con una barba bianca curatissima. E’ Joe Daly che per l’ennesima volta coltiva la sua passione e continua la tradizione. Joe Daly Cycles. Dundrum. Dublin.</span></div><span style="font-family:verdana;"><div align="justify"><br /><em>Pic: Joe Daly Cycles at Dundrun, Dublin</em></div><div align="justify"><em>Song: Tom Waits - Broken bicycles</em></div><div align="justify"><em style="font-style: italic;">Link: </em><a href="http://www.cycleways.com/"><span style="font-style: italic;">www.cycleways.com</span></a><br /></div><a href="http://www.cycleways.com/"><span style="font-family:verdana;"><em></em></span></a></span>utopiehttp://www.blogger.com/profile/07862578441109536849noreply@blogger.com11tag:blogger.com,1999:blog-7438052036469641746.post-73400937795727199602008-04-16T00:51:00.028+01:002008-04-20T00:08:42.023+01:00Dall’oblò<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj_M6P7h28n8f6RgbORuC2OoNWrxqnr0IzqXDfJ1bWS-bRYpmrl68NvoJmIMIf4768Vt72GC8lJFarfpuX-ETUIcO9LUkBb68x-BCuUo3Vw_75Y2UxKkuTgqEoZmbpi1Sukn16ZNaxc04ED/s1600-h/arbatax.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5189624179339231554" style="margin: 0px auto 10px; display: block; cursor: pointer; text-align: center;" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj_M6P7h28n8f6RgbORuC2OoNWrxqnr0IzqXDfJ1bWS-bRYpmrl68NvoJmIMIf4768Vt72GC8lJFarfpuX-ETUIcO9LUkBb68x-BCuUo3Vw_75Y2UxKkuTgqEoZmbpi1Sukn16ZNaxc04ED/s320/arbatax.jpg" border="0" /></a><br /><div style="text-align: justify;"><span style="font-family:verdana;">In Italia voto per non sentirmi complice. All’Afrodisiaco di Quartu mangio ricci, granchi e calamari con Giovanni per rivivere i miei vent'anni. Al Poetto di Cagliari passeggio con Anna per ricordarmi che noi nati negli anni settanta non possiamo permetterci un futuro e allora e' meglio cercare di vivere al meglio il presente. Al compleanno di Denise mangio prosciutto e pane sfornato dalla madre la mattina per avere l'opportunita' di regalarle una statua di Molly Malone di scusa per il poco tempo che le ho dedicato a Dublino. Sul Nuraghe Arrubiu di Orroli mi arrampico con Maurizio e Davide per sentire l'odore del mirto e vedere il giallo acceso delle ginestre. Al lido di Orrì nuoto sotto la “Cella Osservatorio di Stella” del museo all’aperto di Tortolì per negare l'eta' che avanza. Nell’orto di mio padre faccio scorpacciate di fragole, piselli e fave perche' adoro mangiare la frutta e la verdura raccolta dalle mie mani. In soffitta ritrovo dei vecchi Rollerblade e pattino con Manuela nel porto di Arbatax come non facevo da anni e vedo i cambiamenti della mia cittadina. La mia dolce nipotina ancora si ricorda di me e cerca di stupirmi contando fino a dieci in inglese.</span><br /><span style="font-family:verdana;">E' tempo di tornare. Improvvisamente mi ritrovo a specchiarmi il viso contro l’oblò dell’aereo in volo tra Alghero e Dublino. Il cielo è un abisso cobalto che sale verso l’orizzonte, in basso, si accende di fasce color zafferano o arancione zen. Inquadrato dalla ristretta cornice ovoidale dell’oblò, il paesaggio mi parla del giorno e della notte, dei confini fra i mondi della terra e dell’aria e da ultimo, quando si accende una luce sulla carlinga e su quell’olografia boreale appare il riflesso del mio viso appesantito e affaticato, anche di me. Continuo a pensarmi e a vedermi come l’innocente, come colui che è incapace di fare del male e di sbagliare, ma l’immagine che vedo contro quello sfondo acceso è semplicemente il viso di una persona non più tanto giovane, con una barba di tre giorni, gli occhi affaticati, la pelle abbronzata ma appesantita. In sostanza un viso che subisce, come quello di ogni altro, la corruzione e i segni del tempo. E’ strano, l’immagine che conservavo del mio volto è sempre e immortalmente quella del giovane, del ragazzo.</span><br /><span style="font-family:verdana;">Invece solo qualche mese fa ho compiuto trentacinque anni. Sono ben consapevole di non avere un’età comunemente definita matura o addirittura anziana. Ma so di non essere più giovane. Ma come tanti coetanei del mio paese alla deriva non sono sposato, non ho figli, una casa di proprietà, una professione stabile e sicura. In Sardegna ho incontrato i miei vecchi amici di Università e Liceo, come tutte le rare volte in cui torno a casa dai miei genitori, nella casa in cui sono nato e da cui sono fuggito con il pretesto degli studi universitari. E diversamente da altre volte i miei vecchi amici non li ho visti distanti da me. Sia i miei vecchi amici, sia io, ci siamo visti inerti rubarci il futuro dalla generazione dei nostri genitori, senza lavoro sicuro e pensione futura ci muoviamo alla ricerca di una nostra identità. C’è chi fa l’ennesimo master, chi cerca di rendere bianco un lavoro troppo a lungo durato in nero, chi immagina di aprire uno studio professionale, chi alle soglie dei 40 anni vive ancora con i genitori, chi progetta di spostarsi nel centro nord, chi guadagna in un mese quanto io guadagno in una settimana. Ci sono passato anche io. Anche se il viaggiare e andare all'estero per me è stata una scelta e non una necessità. O meglio la mia necessita' di partire era di tipo esistenziale, non economica. A volte mi chiedo come si sarebbe sviluppato il mio percorso di vita se non avessi venduto la mia casa di Cagliari e non avessi rifiutato un sicuro posto in banca (ottenuto con raccomandazione of course). Ora però capisco che io vivo il mio presente con maggiore ottimismo e sono io a decidere il mio destino. Credo che ci si debba impegnare e rischiare, magari semplicemente andando a votare.</span><br /><span style="font-family:verdana;">Io, privato ogni giorno del contatto con l’ambiente in cui sono cresciuto, distaccato dal rassicurante divenire di una piccola comunità, io mi sono sentito in passato solo, o meglio, sempre più diverso. Ma ora mi sento uguale ai miei vecchi amici in cui mi riconosco nelle difficoltà del presente. Io non sono radicato in nessuna città. E’ questa è una diversità. Ma riesco a percepire in patria il disagio di una paralisi economica, sociale e morale. L’andare all’estero non è l’unica soluzione. E non è una soluzione per tutti. Però ogni volta che torno in Italia capisco che è la MIA soluzione. Sono felice dopo alcuni giorni in Italia di tornare a Dublino a ritrovare il mio attuale focolare domestico revocabile.<br /><br /></span><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Pic: Porto di Arbatax, Sardegna</span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Song: Tricarico – Un’altra possiblità</span><br /><span style="font-family:verdana;"><span style="font-style: italic;">Link: </span><a href="http://www.arte2000.net/tortoli/index.htm">www.arte2000.net/tortoli/index.htm</a> </span></div>utopiehttp://www.blogger.com/profile/07862578441109536849noreply@blogger.com11tag:blogger.com,1999:blog-7438052036469641746.post-43361393783604374732008-04-11T02:18:00.015+01:002008-04-19T10:41:33.721+01:00Verso Barcellona<div style="text-align: justify;"><a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhyphenhyphenMcnYNX3_lpdLoz228EgI1KCIpVIN2vvb1RD6wIN7gBNbaNKdFi72DTRzwhSX5T3ZUECXO-XyXPtgzwrWo9r-oaq6rwuJ3mZMnVkTiIJXHE27KOQr9x3v7IVclAHDOMGkst_Q9-XuDZ_/s1600-h/Saragozza.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5187760237843314850" style="margin: 0px auto 10px; display: block; cursor: pointer; text-align: center;" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhyphenhyphenMcnYNX3_lpdLoz228EgI1KCIpVIN2vvb1RD6wIN7gBNbaNKdFi72DTRzwhSX5T3ZUECXO-XyXPtgzwrWo9r-oaq6rwuJ3mZMnVkTiIJXHE27KOQr9x3v7IVclAHDOMGkst_Q9-XuDZ_/s320/Saragozza.jpg" border="0" /></a><span style="font-weight: bold;"><br /></span><ul style="color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-weight: bold;font-family:verdana;" >La cena del cretino</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">La scenografia è questa. Vecchia casa padronale in Calle Arbidea. Ci accoglie un portone rustico enorme, un ingresso buio e lunghissimo. E poi in una sala iperilluminata con gigantesche finestre rivolte al sud aperte da tende bianche, incontro il signor Orio e la signora Sole e poi la nonna Arantza dallo splendido sorriso e Eduardo e Mikeli i fratelli che mi scrutano senza mai sorridermi. </span><span style="font-family:verdana;">Io sono infagottato da scarpe troppo strette e da una giacca con maniche troppo lunghe, che rischiano di inzupparsi nei meravigliosi e </span><span style="font-family:verdana;">opulenti piatti della cena. Magnifica cena. Nei Paesi Baschi, mangiare significa molto di più che sopperire ad un bisogno di prima necessità. La gastronomia fa parte della quotidianità dei baschi, che dibattono, speculano, fanno processi e stringono legami davanti ad una tavola imbandita. E allora pagelli, palamite e rane pescatrici cucinate nei modi più svariati, salsicce caserecce, sanguinacci di riso, fagioli bianchi, ciambelle e “perrechicos”, una deliziosa varietà di funghi delle montagne di Orduña. Il cibo è meraviglioso e mi commuove, la conversazione invece stentata e surreale. Funziona così: io dico qualcosa, Belén traduce in basco e/o catalano e poi quando rispondono i familiari lei traduce in inglese. Così per venti minuti. Poi ci si stanca e si parla in uno strano esperanto composto da catalano, castigliano, basco, inglese, italiano e sardo. Fino a quando si scopre che tranne Belén tutti noi parliamo un po’ di francese. E l’architetto che prima era al centro della conversazione non diventa più indispensabile con sua grande letizia. Avendo evidenti limiti linguistici e tanti argomenti tabù la conversazione langue con desolanti e imbarazzanti cadute come quando dopo qualche bicchiere di Txacolì dico: “Ma lo sa signor Orio che lei si chiama come un aeroporto del nord Italia?”.<br /><br /><ul style="color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-weight: bold;font-family:verdana;" >Camminando sotto il sole</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">Il giorno dopo ci svegliamo tardi e per fortuna senza anelli di fidanzamento alle dita e risaliamo a piedi la riva destra del Nervion fino al Palazzo Euskalduna, opera di Federico Soriano e Dolores Palacios; l’edificio è ispirato allo scafo di un’imbarcazione e racchiude sale per la musica, sale congressi, auditorium ed è stato costruito sul sito occupato fino a pochi anni fa dall’ultima industria bilbaina produttrice di navi. Saliamo lungo la riva sinistra del fiume fino al Guggenheim; è una bella giornata, il sole è caldo e mi concedo ancora qualche posa con l’opera di Gehry. Continuiamo la passeggiata fino al ponte Zubizurri opera di Santiago Calatrava; ancora qualche foto e prendiamo il tram dalla vicina stazione Uribitarte fino alla stazione Ribera. Riprendiamo il tram dalla stazione Guggenheim e raggiungiamo Arriaga; attraversiamo la piazza su cui si affaccia il teatro ed entriamo nel locale che a quest’ora è pieno di gente che assapora i churros con la cioccolata calda amara, tipico break pomeridiano spagnolo. Un simpatico cameriere ci porta due tazze di cioccolata ed un piatto di deliziosi churros, morbidi bastoncini di pastella fritti da intingere nella cioccolata; nel frattempo socializziamo con una dolcissima bimba italo-inglese che ci sorride dal tavolo vicino.</span><br /><br /><ul style="color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-weight: bold;font-family:verdana;" >Amarcord basco</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">La sera e il giorno successivo li passiamo a vedere i luoghi dell’infanzia dell’architetto: l’albero piantato alle elementari che ora ospita numerosi passeri, la scuola superiore dove ancora si intravede “Belén te quieto”, il dipartimento universitario in cui ha fatto la ricercatrice per soli "quattro terribili mesi", la sua galleria d’arte preferita, la gelateria dove ha scoperto per la prima volta il gusto al pistacchio, etc. Cerco di imparare qalche parola in Basco. La lingua mi piace e ha una musicalita' molto particolare. Alcune parole mi piaciono in particolare. "Ciao, è da molto tempo che non ci vediamo" si dice "Kaixo" e "Sono felice!" si dice giustamente "Topa!". E poi Felip. Il suo ex compagno. Tra me e lui nasce una sorprendente e solida simpatia. Felip è un omone di trentotto anni di quasi due metri con occhi infossati, una folta barba nero e un peso inferiore al mio. Fa l’artista e pare che riesca a camparci. Passiamo un inatteso pomeriggio a prendere in giro l’architetto e a compatirci ironicamente. Invidio senza gelosia il bel rapporto che sono riusciti a mantenere. Prima di salutarci mi lascia un bigliettino in mano con su scritta questa frase: “In basque arithmetic, one plus one equals everything, and two minus one equals nothing”.</span><br /><br /><ul style="color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-weight: bold;font-family:verdana;" >La festa spagnola</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">La sera cerchiamo un ristorante tranquillo con piatti tipici per festeggiare il compleanno dell’architetto, ma una telefonata arriva sul cellulare di Belén, tale Miguel chiede di me. Il tipo in un inglese claudicante dice che lui e “los amigos” stanno organizzando una festa a sorpresa per l’architetto e mi dicono di riportarla a casa con una scusa. Decisamente contrariato (preferivo una cenetta tranquilla) riporto la basca a casa e mi trovo immerso tutta la notte in una bolgia basca, in una atmosfera che è un mix tra le Cirque du Soleil e la Fura del Baus. Le luci sono straboscopiche, la gente esultante, le canne potenti, il vino poderoso, la cerveza immancabile. Giocolieri e mangiatori di fuoco improvvisano uno show. I giorni un po' romantici, un po’ familiari, un po' cultural-cittadini finiscono con fuochi d’artificio. La temperatura nel piccolo appartamento sale e ci ritroviamo in tanti a dorso nudo o in reggiseno a ballare ritmi mediterranei. Coinvolto in quest’orgia spagnola cado addormentato all’alba. La mattina mi ritroverò abbracciato a un peluche. </span><br /><br /><ul style="color: rgb(149, 189, 103);"><li><span style="font-weight: bold;font-family:verdana;" >In Sardegna</span></li></ul><span style="font-family:verdana;">E tempo di andare. Prendo il treno per Barcellona. Mi fermo lungo il tragitto a Saragozza. Passeggio per i 500 metri della Plaza de Nuestra Senora del Pilar e tra i vivacissimi colori delle case sento quasi nell’aria la storia della città fatta di romani, mussulmani e spagnoli. Mangio dei grandiosi frutti di mare alla Cerveria Mapy. Arrivo a Barcellona. Trovo Martin al Moll d'Espanya e parlo della vita che ha lasciato a Dublino due mesi fa che non rimpiange e Carlotta al Mercat de la Boqueria con qui parlo delle utopie lasciate in Italia che rimpiange. Mi piace Barcellona, una città che amo visceralmente e che mi fa sentire sempre a casa ogni volta che ci torno, ma ci starò poco. Il fine settimana è dedicato alla Sardegna per bagni, spiagge, nipotini e elezioni. Spero di trovare lo scirocco anche in Italia. Prendo l’aereo per Alghero per fare altri 500 chilometri in volo. Non è un problema. Mi piace peregrinare. Conrad diceva che si vive come si sogna. Io sogno tutte le notti di viaggiare.</span><br /><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Pic: Balcone a Saragozza </span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Song: Los Pinguos - Fumaza</span><br /><span style="font-style: italic;font-family:verdana;" >Link: <a href="http://www.lafura.com/">www.lafura.com</a> </span></span></div>utopiehttp://www.blogger.com/profile/07862578441109536849noreply@blogger.com12tag:blogger.com,1999:blog-7438052036469641746.post-68845598602160481022008-04-09T23:37:00.013+01:002008-04-16T01:31:31.124+01:00Scirocco spagnolo<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh28Tl-Lfx6eB8e0UWUg62yHQMjmKJh9C6nwKcIORHinYjORmdTVmbGTaVXczNMTA8jF8-ORkB3RJFmaULFVEPpp_udouZIv1DEmiNVhTq6hVPBbSlRC2rtN9y_GDw_5r7yfbnYiEtZeknb/s1600-h/guggenheim-bilbao.jpg"><img style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh28Tl-Lfx6eB8e0UWUg62yHQMjmKJh9C6nwKcIORHinYjORmdTVmbGTaVXczNMTA8jF8-ORkB3RJFmaULFVEPpp_udouZIv1DEmiNVhTq6hVPBbSlRC2rtN9y_GDw_5r7yfbnYiEtZeknb/s320/guggenheim-bilbao.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5187378655768869010" border="0" /></a><br /><div style="text-align: center;"><div style="text-align: justify;">Sono in Spagna. Ho lavorato il Good Friday e a Pasquetta, ma la mia settimana di ferie sono riuscita a prenderla. Meta la Spagna, anzi Bilbao, anzi l’architetto, anzi (aimhé!) la famiglia dell’architetto. Lascio una primavera irlandese di sole e grandine e arrivo nei Paesi Baschi. Il programma è passare qualche giorno con l’architetto che compie gli anni e conoscere il suo mondo, per conoscere meglio lei.<br /></div><div style="text-align: justify;">Bilbao è stata una vera rivelazione! Un caldo scirocco mi accoglie all’aeroporto progettato da Santiago Calatrava e io che avevo letto di fredde brezze oceaniche mi rallegro del sole basco e delle temperature superiori ai venti gradi. La città vecchia è veramente incantevole, con deliziose casette con le tipiche verande-finestre che danno sulla strada e scorci molto belli. La parte nuova è comunque ben fatta, con molto verde e tanti (troppi) negozi per lo shopping. Bilbao è una città in espansione rapidissima e dunque è facile imbattersi, nella parte nuova, in quartieri cantiere, pieni di gru e di lavori in corso; sembra Dublino. Appena arrivato Belén mi accoglie con un sorriso sorpreso e irriverente “e chi l’avrebbe detto che saresti veramente venuto?”. Perché mai non dovevo venire? Quale è il tranello? Io ci sono e sudo. Mamma che caldo!<br /></div><ul style="text-align: justify; font-weight: bold; color: rgb(149, 189, 103);"><li>A Bilbao</li></ul><div style="text-align: justify;">Arrivati nelle vicinanze del Palazzo Euskalduna attraversiamo il ponte omonimo e percorriamo la Ribera de Deustu fino alla casa di Belén; dopo una doccia ed esserci riposati usciamo per la mia prima visita della città: risaliamo la riva destra del fiume Nervion fino ad arrivare al Puente de Deustu, nelle cui vicinanze l’architetto mi consiglia un locale dove mangiare ottimi piatti combinati, l’Etxepe Berri Bar. Poi prendiamo la metro opera dell’architetto inglese Norman Foster, e in poco tempo raggiungiamo la stazione Casco Viejo che si trova nel cuore del centro storico; qui ci muoviamo fra le strette calles ricche di botteghe e negozi tipici. Visitiamo Plaza Nueva, la Catedral de Santiago e, scendendo fra le Siete Calles, raggiungiamo la riva del fiume Nervino, sulla quale si affacciano la Iglesia de San Anton ed il Mercato de la Ribeira, il più grande mercato coperto dell’intera Spagna (a dire il vero sublimemente fatiscente) dove si trova ogni tipo di pesce, carne e verdura. Abbandonata presto la visita del mercato, ci avviamo lungo la Ribera, dalla quale vediamo la Estacion de Santander (La Concordia); raggiungiamo poi il Teatro Arriaga, che, dopo un incendio, è stato ricostruito sullo stile dell’Opera di Parigi; nelle vicinanze è stato allestito un carino mercatino equo-solidale dove tutti sembrano conoscere l’architetto.<br /></div><div style="text-align: justify;"><div style="text-align: justify;">Attraversando il Puente del Arenal, ci avviamo lungo la Gran Via Don Diego Lopez de Haro, la via dello shopping bilbaino, sulla quale si affacciano una enormità di negozi; questo prima di essere risucchiati all’interno del Corte Ingles, una vera e propria istituzione per tutti gli spagnoli, all’interno del quale si trova ogni bene di consumo, dal giocattolo al vestito di lusso, al pane, all’agenzia di viaggi fino all’assicurazione dell’auto. Giungiamo così fino a Plaza Moyua, una grande piazza di forma ellittica, molto curata e sulla quale si affaccia il palazzo della BBVA (una delle tante banche dei Paesi Baschi) e caratterizzata dalla presenza delle entrate della metropolitana, i cosiddetti Fosterritos (dal nome dell’architetto che li ha disegnati), strutture in acciaio inossidabile e vetro che fuoriescono dal sottosuolo come fossero prolungamenti delle gallerie sotterranee nelle quali corrono i treni. Ormai sera cerchiamo un posto dove cenare; dopo una lunga ricerca entriamo nella Cafeteria Tayda: tipico locale da tapas con ottimi bocadillos e combinados. Da non perdersi i “Pintxos” (piccoli aperitivi di carne, pesce o verdure, vere delizie della microcucina).<br /></div></div><div style="text-align: justify;">Dopo cena ci avviamo verso il Parque de Casilda Iturrizar, il quale ospita anche il Museo de Bellas Artes qui visitiamo l’intera collezione permanente ed anche quella temporanea straordinariamente aperta la sera, nel museo l’architetto mi mostra orgogliosa le opere di Jorge Oteiza, uno scultore spagnolo modernista di cui non avevo mai sentito parlare prima, ma che mi lascia effettivamente stupefatto dalla sua capacità di astrazione. Si torna a casa e l’archietto mi dice che siamo a cena dai genitori il giorno dopo. E mi istruisce. MAI parlare di politica (il padre è un fervente indipendentista basco), MAI parlare di religione (la madre è una fervente cattolica praticante), MAI parlare di sport (i fratelli sono ferventi sostenitori che il calcio italiano è fatto di mafiosi catenacciari). Mamma che caldo!<br /></div><ul style="text-align: justify; font-weight: bold;"><li><span style="color: rgb(149, 189, 103);">Deframmentazione d’orchestra in un fiore di titanio</span></li></ul><div style="text-align: justify;">Il giorno dopo si fa shopping. Non posso presentarmi “cosi combinato” alla cena familiare. E allora giacca blu e scarpe lucide. E io che mi chiedo se era proprio il caso di venire qui. Passeggiando per il centro ci troviamo davanti all’entrata del Museo Guggenheim Bilbao, opera dell’architetto canadese Frank Owen Gehry. L’edificio di Gehry è veramente impressionante: il rivestimento in titanio e la luce naturale lo fanno risplendere ed al tramonto i riflessi di luce lo rendono ancor più bello. È finalmente giunto il grande giorno; non dico che sono venuto a Bilbao solo per il Guggenheim, ma sinceramente è l’edificio che più m’interessa e devo dire che non mi delude affatto. Arrivati attraversando dalla riva destra del Nervion proseguendo fino al Puente Pedro Arrupe, opera dell’ingegnere José Antonio Fernández Ordóñez, che per il progetto si è ispirato ad una libellula (o più verosimilmente, come dice l’archietto, ad una lucertola) che posa le zampe sulle due rive del fiume; questo ponte è in realtà uno degli attraversamenti più recenti e più belli di Bilbao, ma anche una delle posizioni migliori per fotografare il Guggenheim. Attraversato il ponte, ci ritroviamo di fronte al museo, saliamo le scale fino alla piazza superiore e le ridiscendiamo per raggiungere l’entrata. Le sale espositive si estendono su tre piani: al piano terra vi sono le sale che accolgono l’esposizione permanente costituita in gran parte da opere di artisti contemporanei come Dan Flavin, Louise Bourgeois, Jeff Koons, Jean-Michel Basquiat, Miquel Barcelo, al secondo e terzo piano ci sono le mostre temporanee “Art and Dead – a nonsense link” e “Multiculturalism & Globalization”. Nel pomeriggio assistiamo ad una rappresentazione musicale all’interno del museo: un gruppo di musicisti classici disposti singolarmente nelle diverse sale, che cambiando continuamente collocazione spostandosi da una postazione all’altra a tempo di cronometro, suonano brevi melodie che rendono l’atmosfera all’interno del museo veramente suggestiva. Con calma mi guardo attorno, tocco la chiara pietra fredda, sfioro le esili ma resistentissime lamine di titanio, mi faccio coinvolgere dalle sinuose forme e dalle opere, attraverso le installazioni di Richard Serra, salgo con gli ascensori vetrati sino al terzo piano ed ammirate la vista dell’atrio dall’alto, passeggio nel bookshop. Quando usciamo sono quasi le 19. L’aria si raffedda, ormai il sole è sceso, ma a me cominciano a crearsi sulla fronte dei rigoli di sudore. Mi tocca la cena con i genitori dell’architetto. Come mi vestirò? In che lingua parlerò? E di cosa parlerò? Mamma che caldo!<br /></div><div style="text-align: justify;"><br /><span style="font-style: italic;">Pic: Guggenheim Museum, Bilbao</span><br /></div><div style="text-align: justify; font-style: italic;">Song: Simon & Garfunkel – Bridge Over Troubled Water<br /></div><div style="text-align: justify;"><span style="font-style: italic;">Link: </span><a style="font-style: italic;" href="http://www.guggenheim-bilbao.es/">www.guggenheim-bilbao.es</a><span style="font-style: italic;"> </span><br /></div></div>utopiehttp://www.blogger.com/profile/07862578441109536849noreply@blogger.com7tag:blogger.com,1999:blog-7438052036469641746.post-62672590564670352072008-04-06T02:45:00.009+01:002012-08-31T14:58:16.668+01:00E’ arrivata la primavera<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi0j9F41dUX_D5tASkBBrQ5LyRPAt7inZkRVD-nIR9UavksRkWFcHBrA76uu_2eFUJC5Tfl-uTXhg9Z1hvwaHzhZM2X3nlySq2hF55UQ3XZI3f8fhv5GgheT4tyGmFne6rTEpori-tJNDAt/s1600-h/grandcanaldock.jpg" onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5185942680744881874" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi0j9F41dUX_D5tASkBBrQ5LyRPAt7inZkRVD-nIR9UavksRkWFcHBrA76uu_2eFUJC5Tfl-uTXhg9Z1hvwaHzhZM2X3nlySq2hF55UQ3XZI3f8fhv5GgheT4tyGmFne6rTEpori-tJNDAt/s320/grandcanaldock.jpg" style="cursor: pointer; display: block; margin: 0px auto 10px; text-align: center;" /></a><br />
<div style="text-align: justify;">
<span style="font-family: verdana;">Dopo alcune nevicate di fine inverno il tempo si è finalmente voltato al bello, soffia ancora ogni tanto un vento gelido, ma che si sopporta comodamente sotto il sole. Le giornate si sono allungate e le dighe si sono chiuse e finalmente, se tieni le finestre aperte, anche nelle ammuffite case dublinesi vibra l’aria nuova della primavera. </span><br />
<span style="font-family: verdana;">Mi riprendo così un po’ dal mio self sbrodato e annacquato, lo asciugo in lunghe passeggiate solitarie, lo distendo al sole caldo negli scorci del lungo Liffey, lo curo, lo secco, lo allargo e lo espando davanti al Sir John Rogerson’s Quay che s’apre improvvisamente sulla foce del fiume, sulla Custom House, sulle cime degli alberi del North Wall Quay e sui meravigliosi scorci della Dublin Bay. Qui, nel viale panoramico, vengo molte volte nel tardo pomeriggio dopo il lavoro e mi apro a questo stupendo teatro con il corso d'acqua percorso da barconi e il futurista Sean O’Casey Bridge con le sue arcate d’acciaio lucenti, i pilastri del prossimo Samuel Beckett Bridge, </span><span style="font-family: verdana;">il sito della nuova U2 tower con le sue gru che guardo incrociarsi e</span><span style="font-family: verdana;"> la Grand Canal Square illuminata dai riflettori rossi e dalle luci verdi postmoderne. Mi apro dunque e mi distendo a questo panorama irlandese, dai mattoni color caffè delle case georgiane, ai nuovi immensi grattacieli grigi; mi allargo in questi sguardi che danno pace e senso e finalmente quel lungo e lieve respiro di cervello che conferma la tua presenza al mondo, che suggerisce qui, ora, finalmente ci sei.</span><br />
<span style="font-family: verdana;">Esco dal mio letargo irrequieto, dall’inverno fatto di coinquilini scassacazzo, di mezzi pubblici per andare in centro e per andare a lavoro. Riprendo a leggere, scrivo addirittura qualche lettera, ma quel che faccio e soprattutto passeggiare e camminare. Il percorso che ora preferisco mi porta lontano dalle viuzze strette di Temple Bar percorse da brigate internazionali, da lingue contrastanti, da gruppi folkloristici e regionali, gli spagnoli che ridono divertiti, i polacchi che discutono, i toscani che gridano sconcezze, i cinesi che camminano veloci senza guardarsi, i romani che ballano ubriachi a braccetto, i brasiliani che cantano a squarciagola. Preferisco andare silenziosamente verso il porto di Dublino, da sud attraversato Forbes Street, saluto la statua dell’ammiraglio William Brown e seguo il fiume fino alla foce e mi fermo vicino a Britain Quay. Qua mi fermo e respiro con profondi respiri l’aria di mare e apro gli occhi solo per scoprire i dettagli del panorama che mi sta di fronte. Il percorso è breve ma la prima volta, così immerso in un trip monacale tutto Hermann Hesse, meditavo e allargavo intorno e in me stesso con sublime dilazione dei miei confini interiori, la prima volta ho impiegato una cinquantina di minuti. Sbagliando strada ad un incrocio, mi ero perso tra le case vittoriane di Ringsend. Ma arrivo a pochi secondi in più dei venti minuti, cronometro al polso, quando devo tornare a casa per l’abituale bicchiere di rosso e “come è andata la giornata” con le mie incantevoli coinquiline. </span><br />
<span style="font-family: verdana;">Dopo il lavoro esco dunque solo. Non devo prendere un bus o un treno con i colleghi per tornare a casa, dove arriverei in pochi minuti a piedi, ma mi rattrista tornare e non trovare nessuno che mi aspetta e mi sorride. La birra al pub dopo lavoro è stata limitata al venerdì e l’architetto ormai sta più a Londra e a Bilbao che a Dublino. E allora cammino. E nei miei sensi scattano improvvise immagini del passato. Sono quasi divertito da questi flash che tornano dal rimosso come se tutto il serbatoio del ricordo mi si rivoltasse, ma delicatamente. Mi scruto, mi guardo, e cresco. Ho anch’io la mia storia, i miei sentimenti e i miei territori di affetto. Non avrei mai pensato che venire a vivere a Dublino, almeno in questa fase, si insinuasse nella mia esistenza scrostando piacevolmente immagini ed emozioni del tutto dimenticate e che riviste oggi, inizio Aprile del 2008, appaiono così perdute da ricercarle con passione e accanimento, da studiarle, rivederle, riassorbirle. Tutto in me si muove come se questa della partenza improvvisa in Irlanda fosse una storia antichissima e remota incisa nel DNA, un codice collettivo che quando scatta decifra e informa tutto il tuo self. Non l’avrei creduto. Avevo diffidenza di tante situazioni e invece anche questi attimi mi appagano. Tutto dentro di me con la primavera si muove. C’è qualcosa che si agita dentro di me e che riannoda il senso mio con quello circostante. Non so dire esattamente di cosa si tratti, ma è qualcosa che non mi separa e soprattutto non mi divide. Qualcosa che per la prima volta da quando sono a Dublino mi fa sentire parte di questo mondo.<br /><br /><span style="font-style: italic;">Pic: Grand Canal Dock, Dublin</span></span><br />
<span style="font-family: verdana; font-style: italic;">Song: Brian Eno - By this River</span><br />
<span style="font-family: verdana; font-style: italic;">Credits: P.V. Tondelli</span>
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<span style="font-family: verdana; font-style: italic;">Link: <a href="http://www.dublindocklands.ie/">www.dublindocklands.ie</a></span></div>
utopiehttp://www.blogger.com/profile/07862578441109536849noreply@blogger.com33tag:blogger.com,1999:blog-7438052036469641746.post-57950443714885439462008-04-02T18:26:00.019+01:002008-04-08T23:01:08.752+01:00Utopie contro Ntl<div align="justify"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjjRYCPSeQUvaiY6uwP3Jt91Y2b0ad3iSqt4c1L3j_mJ-XqMMIYTJsX35Gb1UWryvXm_NmPj3gOHroVml86X5Dbq5C-3IkitmktSwrjE2WJylPL5dfSG6QYvY2rccKltE6eGo-GCQgsj7cC/s1600-h/ntl.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5184701173203332802" style="margin: 0px auto 10px; display: block; text-align: center;" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjjRYCPSeQUvaiY6uwP3Jt91Y2b0ad3iSqt4c1L3j_mJ-XqMMIYTJsX35Gb1UWryvXm_NmPj3gOHroVml86X5Dbq5C-3IkitmktSwrjE2WJylPL5dfSG6QYvY2rccKltE6eGo-GCQgsj7cC/s320/ntl.jpg" border="0" /></a><br /><div align="center"></div><span style="font-family:verdana;">Qualcuno mi ha scritto chiedendomi come mai non aggiornavo il blog. La risposta e' semplice: combatto (come tanti prima di me e tanti suppongo dopo di me) con l'azienda che ha uno dei peggior customer care del mondo. Parlo di NTL, una azienda tragedia che ha coinvolto in estenuante attese di "custemer care" tanti Irlandesi e Irlandiani. Dopo 7 ore e 40 minuti di attesa (complessivi da sabato tra me e Pippa) con tanta musica di Vivaldi che si e' irradiata dai nostri cellulari e 11 email senza risposta siamo ancora in attesa di una soluzione alla mancanza del segnale internet dal nostro modem. Le gentili signorine dopo ore di attesa ci dicono che non dipendono da loro i disservizi, ma il problema è il router. Chiamiamo il call center di Netgear (brand del router) e scopriamo che il numero del technical support irlandese non accetta chiamate da cellulare. Chiamo il numero da lavoro e una simpatica signorina dall'accento indiano mi fa per venti minuti un bizzarro spelling del mio nome ("M like Mammuth, A like Azimut, P like Pongo") e mi dice che se non sono a casa non mi può supportare e di chiamare il supporto di un altro paese da casa. Chiamo il supporto italiano, un numero 02 milanese che mi prosciuga la ricarica del cellulare. Il supporto italiano mi dice che non supporta prodotti venduti in altri paesi e che comunque il problema e del provider. Richiamo provider che mi dice di richiamare supporto tecnico del router. Provo ad accennare che al momento dell'installazione il tecnico Ntl avrebbe dovuto come minimo accertarsi del corretto funzionamento della connessione prima di andarsene e vengo preso per matto. Nel mentre Pippa dallo stress per connessione internet (patologia nuova ma diffusissima in Irlanda) riprende a fumare dopo tre anni e inizia a mandare "nasty letter" verso il provider. Se non si risolve in settimana disdiciamo contratto e passeremo a Eircom o altra compagnia di broadband. E non e' detto che sara' meglio. L'Irlanda con internet e' un inferno.<br /><br /></span></div><div align="justify"><span style="font-family:Verdana;"></span></div><div align="justify"></div><div align="justify"></div><div align="justify"><span style="font-family:verdana;"><em></em></span></div><div align="justify"><span style="font-family:verdana;"><em>Pic: Pants in Dublin</em></span></div><div align="justify"><span style="font-family:Verdana;"><em>Song: Mina - Se telefonando</em></span></div><div align="justify"><span style="font-family:Verdana;"><em>Pic: </em><a href="http://www.upc.ie/"><em>www.upc.ie</em></a></span></div>utopiehttp://www.blogger.com/profile/07862578441109536849noreply@blogger.com10