giovedì 29 maggio 2008

Il migliore pub irlandese


Questo sabato ero ad un barbecue con colleghi nella contea di Kildare. Il classico BBQ irlandese con tanta birra, prato verdissimo, beef burgers sulle carbonelle e immancabile acquazzone che ha interrotto la festa sul più bello. Nel tardo pomeriggio ci chiudiamo nel cottage e Marie tira fuori altre lattine di Budweiser e alcune bottiglie di Merlot fino a quando prima che si cada tutti ubriachi il fidanzato di Karen parla di un concerto di Joe Satriani (certamente uno dei migliori chitarristi in circolazione, che non mi ha fatto rimpiangere il concerto di Bruce Springsteen di due giorni prima) alla Queen's University di Belfast e chiede chi vuole fare due ore di macchina e "enjoy us with oul nordic fella". Metà di noi alza la mano, ci contiamo ci sono tre macchine e abbiamo quattro posti in più. Ritorniamo a Dublino che le ragazze devono mettersi il vestito da sabato sera e si devono recuperare alcune persone. Io torno a casa e convinco una mia coinquilina appena tornata da lavoro a seguirmi. A Belfast torno volentieri. La città non ha la bellezza di Dublino ma mi emoziona e affascina ogni volta che ci torno. Il concerto è valido e si tornerà a Dublino solo la domenica sera senza in sostanza dormire e nove di noi lunedì si daranno malati. Tante cose accadono in 24 ore, ma quello di cui vi voglio parlare è della scoperta del migliore pub finora visitato in Irlanda: il Rotterdam Bar.

Il Rotterdam Bar di Belfast si trova lontano dal centro e dalle guide turistiche. Non è un pub famoso come il vittoriano Crown Liquor Saloon con le sue piastrelle colorate, le vetrate in marmo, le ceramiche, gli specchi e le colonne in mogano. E neanche è popolare quanto il divertente Duke of York seminascosto in un vicolo nel cuore del quartiere che ospitava le redazioni dei quotidiani. Il Rotterdam Bar è altro. Piccolo, periferico, buio, a nord del Cathedral Quarter sulla sponda ovest del fiume Lagan. Il Rotterdam Bar è un luogo fantastico, un posto da marinai che profuma di mare, un pub pieno d’atmosfera e incorreggibilmente vecchio stile. Non è stato devastato da architetti di interni alla moda e l’arredo è quello di cento anni fa con sedie e tavoli spaiati e un labirinto di piccole stanzette con ognuna un caminetto sempre acceso. Il soffitto è basso e l’odore del legno che ricopre le pareti inteso. Pare che queste stanze fossero usate in passato come celle per i prigionieri prima della loro deportazione in Australia. Un locale dove ogni giorno c’è musica dal vivo con un grande spazio all’esterno che ospita in primavera ed estate gruppi jazz, rock, folk o blues, ma anche tanti tavolini corrosi dalla salsedine e tanti barbeque in legna per le frequenti grigliate. Il pub doveva essere demolito per far spazio a moderni e lussuosi appartamenti. Una petizione e una sollevazione popolare ha al momento bloccato lo scempio, ma il comitato promotore della campagna "Save The Rotterdam" tiene sotto osservazione le possibile future manovre speculative.

La frequentazione è varia. Il giovane alternativo, il gruppo di universitari, una famiglia del quartiere vicino, la coppia intellettuale, le signore in libera uscita, gli amici di una vita. Nessun turista. Io vengo subito inquadrato da sguardi sorpresi e ospitali. Un locale repubblicano pieno di cimeli patriotici dove puoi bere solo birra irlandese e guai a chiedere una Carling, qua si beve solo Smithwick’s, Kilkenny, Harp, Beamish e Guinness ovviamente, che anche in un affollato sabato viene spillata con cura e attenzione e paghi solo due pounds e quaranta. Un locale che ti coinvolge e avvolge dove ti può capitare dopo essere arrivato da 30 minuti di suonare sul palco con la tua armonica, insieme al gruppo della serata, una famosa canzone tradizionale irlandese, che tu ovviamente non conosci e di cui sbagli l'intonazione. Ma tutti ti applaudono e ti battono le mani sulle spalle e ti offrono una pinta. E tu sei felice. Perché sei al Rotterdam Bar. Il migliore pub d’Irlanda.


Pic: Rotterdam Bar, Belfast
Song: Joe Satriani - Professor Satchafunkilus
Link: www.rotterdambar.com

venerdì 23 maggio 2008

Web marketing nella la casa gotica


Da circa un mese lavoro per una società irlandese in una casa georgiana a Dublino 2. Sul mio contratto e sui miei biglietti da visita c’è scritto che sono un “Web Marketing Manager”. Mi occupo di promozione, formazione e consulenza per hotel in Irlanda e nel mondo. Parrebbe il posto giusto per me.
Tra le mie passioni ci sono i viaggi, internet e la comunicazione. Tra i settori economici in crescita ci sono il turismo, la telematica e il marketing. L’azienda nata a Dublino si sta sviluppando velocemente e negli ultimi due anni sono nati sette uffici locali in Europa, Asia e Sud America. Nel 2009 si aprirà un nuovo ufficio in Italia (si parla di Firenze) e l’idea sarebbe che a gestirlo o almeno a seguire lo start up dovrei andare io se non combino troppi casini quest’anno. Al momento di tornare in Italia non ho nessuna voglia. In futuro chissà.
  • L'arte della negoziazione
Accettare la proposta (ormai non mando da mesi più curriculum ma sono i recruiters o le aziende che mi contattano per offrirmi lavori trovando il mio resumé su monster.ie) non è stato facile. Infatti la proposta iniziale era di 6.000 euro all’anno inferiore al mio stipendio in Accenture. In Accenture prendevo tanto (anzi troppo per quello che facevo), e soprattutto molto di più dei miei colleghi e credo anche del mio supervisor. Tutto grazie alla negoziazione fatta. A differenze dei miei colleghi infatti alla offerta fattami dal recruiter ho contrapposto uno stipendio giornaliero molto maggiore della cifra proposta. Alla fine si è trovato un accordo ma la busta paga era decisamente robusta, anche se si trattava di un contratto di un anno senza benefits (no ferie pagate, no malattie pagate, no schema pensionistico, no assicurazione). Ho ricevuto altre proposte negli ultimi mesi (fondamentalmente ruoli da analista) ma nonostante gli interessanti salari si trattava di grosse multinazionali con sede in business park. Arrivatoci non mollo di certo il quartiere georgiano. Inoltre in fase di negoziazione sono riuscito a spuntare alla mia azienda 2.000 euro in più all’anno e la revisione salariale dopo 6 mesi e non dopo 12 mesi come precedentemente previsto. Ovviamente permanet contract con tanti benefits e le fantastiche irish bank holiday (cioè le festività che cadono sempre di lunedì facendoti fare circa una volta al mese un bel lungo week end).

  • Il fantasma di Jackie Carey
L’azienda dove lavoro nata pochi anni fa ha avuto negli ultimi anni una crescita tumultuoso e negli ultimi tempi si sono triplicati fatturato e dipendenti. La sede è a Fitzwilliam Square a 10 minuti a piedi da casa mia (o 5 in bicicletta). Tra ambasciate, sedi governative e aziende irish della new economy. Sono nel cuore di Dublino e andare a lavoro e passare tra Merrion Square, Holles Street e Baggot Street è un piacere. La sede iniziale dell’azienda era il seminterrato. Crescendo si sono acquistati anche i piani superiori e ora gli uffici sono dislocati tra il vecchio appartamento del maggiordomo, la ex living room o la sala da thè di epoca georgiana. Io sto al piano terra nel vecchio appartamento del giardiniere con il garden di fronte, per raggiungere la stanza delle ragazze dell’Account and Sales passo per una scala segreta usata un tempo dalla servitù. Pare che il leggendario pugile irlandese Jackie Carey sia nato in questa casa come figlio illegittimo di una domestica, molti colleghi giurano che il suo fantasma vive nella casa, ma credo che il rumore dipende dal server che è stato messo nella soffitta. Mentre l'atmosfera è molto gotica e ricca di storia, la tecnologia utilizzata è molto avanzata. Io apprezzo in particolare l'utilizzo degli Apple e sul mio desk con mio grande godimento tutte le mattine trovo un iMac 24" collegato con un MacBook Pro.

  • The Irish Staff
Sono l’unico italiano e a parte due polacche e un ungherese i miei colleghi sono tutti irlandesi. Questa cosa mi piace. Ho anche un mio piccolo staff di 3 ragazzi appena usciti dal college: un seo, una sem e una html editor. Finalmente mi sento integrato alla città e alla sua economia. Il clima è molto sereno e rilassato. Qua quello che contano sono i rapporti umani e le performance, non la marziale disciplina delle multinazionale dove tutto è analizzato compresi i minuti che perdi in bagno per esigenze fisiologiche. Per ora l’ostacolo maggiore è l’inglese. Per il mio ruolo devo comunicare continuamente con colleghi e clienti irlandesi e non sempre comprendo tutto o sono chiaro io. Decisamente divertenti i meeting aziendali quasi quotidiani dove sono continuamente incitato a dare il mio parere e dove io improvviso ragionamenti di strategie di marketing in un accento che parrebbe assai divertente vedendo i sorrisi dei colleghi.

  • The Lunch Break
Lavoro dalle 9 alle 17.30 con un’ora di pausa. Ma tutto è molto adattabile e spesso io arrivo alle 10 e vado via alle 19.00 e prendo 2 ore di pausa pranzo. Le pause pranzo in centro sono meravigliose. Abbiamo una cucina completa di tutto (inclusa macchina per caffe' espresso professionale) e non la canteen come le multinazionali. Ognuno di noi ha uno scafale che io ho riempito di Nutella, digestive biscuits, pasta De Cecco, ortaggi e frutta di stagione. Pero' in questo magnifico e soleggiato maggio di solito esco e in 5 minuti arrivo nei più bei parchi di Dublino. E allora si prende un panino con le salamelle all’Unicorn o un sandwich al salmone affumicato allo Swedish Food e si va al Fitzwilliam Park (parco privato di cui abbiamo le chiavi) o sui prati del Merrion Square Park o del St Stephan Green. Da consigliare in questo periodo l’Ivenagh Garden, il parco più bello di Dublino che ospita “The Secret Garden” una clamorosa mostra scultorea organizzata dalla Salomon Gallery. Alternative sono pranzare lungo il Grand Canal oppure prendere la bicicletta e andare in giro per il centro di Dublino o verso la baia. Da evitare il tornare a casa per il break. Per due volte lo ho fatto e in entrambi i casi mi sono addormentato dopo pranzo.

Nonostante le difficoltà linguistiche e qualche euro in meno in busta paga penso di aver fatto la scelta giusta ad accettare questo lavoro. E la sicurezza la ho avuta quando il secondo giorno di lavoro invece che darmi il solito triste badge con una foto personale orribile impressa mi è stato consegnato un grosso anello di ferro con attaccate tutte le undici chiavi della casa georgiana. Non solo una azienda. La mia seconda casa.


Pic: Georgian Doors, Dublin
Song: Frank Sinatra – Fly Me To The Moon
Link: www.solomongallery.com

martedì 13 maggio 2008

Berlino e il potere del denaro


Alcuni anni fa ho scritto un libretto sul denaro e i sistemi di scambio non monetari. Il libro ha venduto e continua a vendere abbastanza bene e mi arrivano ancora i diritti d’autore a fine anno. La cosa divertente nel pubblicare libri sono i momenti di presentazione che io ho fatto per quasi un anno dopo la pubblicazione. Mi divertivano le presentazioni perché a meno che non fosse necessaria una esposizione ortodossa (Università, Istituzioni, Corsi di Formazione, etc.) proponevo presentazioni con mezzi teatrali e formativi per piccoli gruppi e attraverso alcuni strumenti (psicodramma, teatro dell’oppresso, role-playing, etc.) si simulavano i sistemi che descrivevo nel libro e le modalità di condizionamento del denaro. Erano anni che non facevo presentazioni e mi negavo ai pochi che me le proponevano. Mi sono riarmato di slide show e manuale del formatore per una interessante proposta overseas. La scorsa settimana sono stato invitato a Berlino dal DAAD (Der Deutscher Akademischer Austauschdienst), una associazione culturale che invita scrittori, artisti, film maker, educatori al fine di movimentare il panorama culturale della città. Veniva presentato un volume che raccoglie le varie esperienze di scambi non monetari in Europa. Nelle pagine riguardanti l’Italia e la Francia hanno tradotto due miei capitoli.
  • Hippy Seminar
Krista è una simpatica e gigantesca (circa 190 centimetri) tedesca dell’Est e si sta laureando in Letteratura Italiana e è stata la mia ombra per due giorni in quanto doveva farmi da traduttrice. E’ rimasta credo un po’ delusa nel vedermi. Da quello che mi dirà la sera dopo in una birreria sta cercando di fidanzarsi con un italiano o almeno vuole passare più tempo possibile con madrelingua. Io sono troppo brutto o perlomeno troppo basso per un “fidanzamento breve”. Mi fa fare nella sua Golf gialla di seconda mano un giro per la città e mi accompagna in albergo. Simpatica la ragazza ma totalmente inadatta a tradurre una relazione economica. Non sapendo il significato di deflazione, sistema monetario internazionale o svalutazione farò la conferenza in inglese con sveglia traduzione di un ragazzo tedesco specializzando in Economia dello Sviluppo. La conferenza è assai poco formale. Dentro una sala da 500 posti ci sono un centinaio di persone che sembrano uscite da una macchina del tempo. C’è il professore trotzkista con i capelli alla Einstein, il punk con gli occhialini da intellettuale, il laureando timido che sta preparando la tesi su economia e fiducia, le erasmiane spagnole finite qua forse per il rinfresco finale. Mi si chiede brevità e io sono brevissimo e dopo aver esposto qualche grafico vado a braccio e chiedo di farmi domande. A un certo punto un tipo arrogante mi chiede cosa è per me il denaro e di fargli un esempio concreto di come la felicità non è portata dal denaro. Gli parlo di quello che ho fatto un paio di settimane fa, cioè lasciare Accenture per un nuovo lavoro in una azienda irlandese in cui prendo 6.000 euro in meno all’anno, ma sono tanto più felice. Alla fine per i pochi sopravissuti alla conferenza propongo il mio cavallo di battaglia: il gioco del tempo, denaro e spazio. L’esercizio che di solito dura 20 minuti nella sala che si riempie di curiosi e lattine di birra va avanti per un ora abbondante. La conferenza accademica si trasforma alla fine in un party spontaneo con il trotzkista con i capelli alla Einstein che si addormenta sul bancone dei conferenzieri.
  • Taccuino e lapis
Il giorno dopo armato di taccuino e lapis, vado a caccia di emozioni, ambienti, personaggi, sensazioni. Passeggio in giornate ventose, costeggio i pochi resti del muro nella zona di Brandenburger Tor, sono sorpreso da una pioggia torrenziale nel bel mezzo del Tiergarten, solo, e per di più, senza giacca a vento. La città mi pare strana, orgogliosa, frenetica e burrascosa. Non ci ero mai stato a Berlino. Non essendoci venuto prima del 1989 quando Berlino con tutti i capitali occidentali che vi entravano era la capitale culturale e giovanile dell’Europa avevo perso interesse a vedere la ricostruzione. Berlino appare anche ora ricca capitale della Germania Unita, facile da vivere, ordinata, piena di umanità. Forse perché insieme ai burocrati arrivati negli ultimi anni ancora vi abitano tantissimi giovani perlopiù universitari; i punti di incontro sono tantissimi; la fascia oraria dedicata alla socievolezza è ampliamente spostata oltre la mezzanotte, con locali che aprono – come a Riccione – alle quattro del mattino; i prezzo sono accessibile. Dublin is so far.
Quello che ho scoperto ascoltando gli altri relatori nella conferenza e lo spirito di solidarietà diffusa che è presente a Berlino che va dall’esperienza ormai famosa degli occupanti di case (Housbesetzer) a quelli dell’assistenza, chiamato in gergo “soccorso”, a persone amiche od anziani, per le piccole spese domestiche, qualora, per esempio, influenze e malanni blocchino in casa persone che vivono sole. Le esperienze di scambi non monetari sono tantissime e ne sono coinvolti oltre 5.000 cittadini divisi in diversi sistemi dai circoli Wir ai Tauschring.
La socievolezza di Berlino si esprime anche nell’esistenza di migliaia di Kneipen (birrerie) in cui è possibile incontrare gente per tutta la notte, sentire musica, chiacchierare, sbronzarsi dolcemente con le bollicine del Sekt, un vinello spumante che ha sostituito in questo soggiorno la mia amata Paulaner, solo qui spillata con cura e pazienza.
Berlino mi è parsa una città fatta di cose concrete, di rapporti umani “pesanti” e non frivoli, poiché anche la sua frivolezza nasconde quella particolare pensosità che noi chiamiamo “nordica”. E’ una città culturalmente vivace, aperta, spericolata. Una città che è stata la capitale del mondo e che la storia sembrava condannare allo svanimento. A Berlino vedi la gloria e la rovina, il successo e la disperazione. Un fine settimana è troppo poco. Ci tornerò. Anche ora che il muro non c’è più.

Pic: Brandenburger Tor, Berlin

Song: Bruce Springsteen – Eyes On The Prize
Link: web.tiscali.it/economiesenzadenaro

sabato 3 maggio 2008

Il peggio di Dublino – Parte seconda


  • La provincialità
Sarà anche bello uscire la sera e trovare visi conosciuti per le strade del centro o nei soliti locali come se si abitasse in un paesone. Però devo ammettere che non trovare un ristorante aperto dopo le undici di sera o un cinema con spettacoli dopo le nove mi esaspera. Inoltre i vari festival sono mediamente modesti, le nuove tendenze musicali e fashion non nascono certo qua, l’alimentazione e l’abbigliamento sono una parodia del modello inglese, le associazioni culturali latitano, i negozi chiudono alle diciotto, nonostante i prezzi lo standard dei ristoranti e decisamente basso, esistono tanti immigrati che però raramente riescono a dare un contributo sociale e culturale alla città come e' accaduto e accade ancora a Londra, Parigi o New York. A volte si cade anche nel ridicolo; come durante la "notte bianca" dublinese che qua chiamano "Culture Night". Tutto finiva la scorsa edizione alle 22, ora in cui nelle altre capitali europee la festa non era ancora iniziata.
  • Irish time
Per “irish time” da queste parti si intende l’abitudine irlandese di arrivare in ritardo. Ad alcuni italiani questa cosa piace e li fa sentire a casa. Il trovarmi un report promesso martedì il giovedì o l’andare a un ristorante per una cena prevista alle 7pm e poi inziare a mangiare alle 8:30 a me invece infastidisce. 

  • I prezzi
800 euro al mese una camera singola in centro. 5 euro una pinta di Guinness. 90 euro una cena per due in un’enoteca. 12 euro il ticket per i 3 kilometri di tunnel dal Docklands a Dublin North. 40 euro un tacco per un paio di scarpe in pelle. 2 euro un biglietto del bus. 1.50 euro una melanzana. 20 euro un taxi per fare quattro kilometri. 52 euro il biglietto treno A/R Dublino Belfast. 16 euro una bottiglia di pessimo Cabernet alla Tesco.

  • Dublin Airport
L’aeroporto di Dublino rappresenta perfettamente il contrasto tra andamento dell’economia e quello delle infrastrutture. Nonostante l’ottimo utilizzo delle risorse europee, l’Irlanda non è riuscita a dotarsi di dignitose infrastrutture capaci di supportare l’incredibile sviluppo dell’economia degli ultimi anni. Le strade interne sono strette e con curve nonostante gli spazi pianeggianti. Dublino-Galway in tre ore e mezzo in treno e quattro ore in bus. Non esistono colleganti via mare tra le città irlandesi. L’aeroporto di Dublino è il peggio. Indecoroso e inadeguato. Un grosso shopping center cafone che si sta sviluppando (peraltro solo ora con la crisi economica già arrivata) a forma di piovra con nuovi tentacoli che che si aprono ogni mese apparentemente senza una visione comune. I negozi aprono dopo le otto e chiudono prima delle ventidue (cioè quando parte e arriva il grosso degli aerei low cost), non esiste nessun collegamento su rotaie per il centro. E se arrivate dopo le ventitré non pensate di trovarvi bus che vi aspettano. Dovete fare un paio di ore di code all’aperto in attesa di un taxi.
  • National Museum of Ireland
Il National Museum of Ireland a Dublin sette è uno dei peggiori musei che abbia mai visto. Un’accozzaglia di teche con vecchi costumi, anticaglie, porcellane, antiquariato senza un’idea d’insieme. Sorprendente che la maggior parte dei percorsi finisca in un cul de sac e quindi vedi (controvoglia) le stesse esposizioni più volte. Particolarmente deprimente l’esibizione sulla storia del denaro, con tante monete buttate alla meno peggio su astucci scoloriti. Più adatta a Disneyworld la Sea Stallion (una riproduzione di una nave vikinga) esposta nel giardino interno. Il cappuccino nel caffè interno à imbevibile.
Pic: Boyne Street, Dublin
Song: Creedence Clearwater Revival – Bad Moon Rising
Link: www.dublinairport.com