Belén dice che ascolto musica di cadaveri. Ma che c’è di male a preferire Fabrizio de André a Simone Cristicchi o gli UB40 agli Asian Dub Foundation? Anzi a proposito degli UB40, il gruppo pop-reagge di Birmingham suona alla Royal Dublin Society (RDS) di Dublino questo lunedì. Convinco Belén a vedere e sentire cosa sanno fare questi vecchietti. La sera del concerto arrivo in ritardo davanti alla Main Hall dell’RDS. Ho perso tempo in un inutile incontro sui diritti civili in Irlanda all’Eco-Unesco. Quando entro nella sala il concerto è iniziato da qualche battuta: il gruppo di supporto ha iniziato a suonare alle sette e trenta, mezz’ora prima dell’inizio previsto. Gli UB40 sono gia' sul palco quando arrivo. Riconosco l’attacco di “Red Red Wine”, accolto da un boato. Le luci sul palco lampeggiano intermittenti, colpi di decine e decine di flash rosa pastello, verde acqua, azzurrino, arancione, rosso fuoco, giallo e finalmente il bianco accecante delle luci ad arco.
Mi sento euforico, un po’ mi tremano le gambe per la corsa che ho fatto e per la violenza dell’urto, per il fatto di trovarmi immerso in una folla che sempre, allo stadio, nei palasport, negli shopping centre mi dà un senso immediato di soffocamento. Poi tutto passa, finche' non prendo coscienza di essere io stesso non più soltanto un individuo separato, ma l’elemento di un fatto collettivo. Così inizio a guardare non più con i miei occhi, ma con quelli della folla. Mi abbandono alla musica ai salti di chi mi sta attorno – una distesa di capelli chiari e di volti giovanissimi – alle danze, agli spintoni, alle urla. Il rimbombo della musica è assordante. Alcune migliaia di persone stipate nella sala che sudano, fumano, gridano, ballano, si abbracciano, si liberano di qualche indumento facendolo volteggiare nell’aria, si baciano, si urtano nel tentativo di giungere sotto al palco, là in fondo. Io mi metto ai margini della folla e vado nella catering hall grande quanto la main hall, giusto adeguata a questo simpatico popolo di alcolizzati. Centinaia di irlandesi mangiano chicken sandwich, hot dog, chocolate crepes e ovviamente pinte e pinte di Miller e Budweiser sopra un pavimento diventato un pantano di birra e fango. Torno nella main hall. Non riuscirò mai a trovare Belén, che – penso - arrabbiata non risponde ai miei messaggi sul cellulare. Sarebbe un miracolo trovarla, anche se ai miracoli io ho sempre, sinceramente, creduto. Bevo una birra e fumo finchè non mi sento completamente dissolto nell’onda collettiva che salta e canta. Mi muovo sulle gambe e scrollo la testa.
La musica incalza fortissima. I colpi della batteria elettronica sparati a qualche migliaio di watt fanno vibrare la cupola della sala. La luce sul palco è rosso intenso. Gli spettatori si divincolano, si contorcono sui fianchi, ancheggiano convulsamente pur seguendo un ritmo preciso. C’è gente che salta, altra che grida, chiome che oscillano freneticamente, braccia stese in alto, dritte, lunghissime, riccioli neri, nuche grondanti sudore, schiene, gambe, busti che oscillano e si agitano. Io mostro il mio braccialetto rosa - dato a chi ha prenotato i biglietti e ha diritto a stare sotto il palco - e mi trovo improvvisamente nel mezzo di un gruppo di cinque-sei ragazzi che ballano in circolo difendendo quasi selvaggiamente la loro porzione di spazio. In terra hanno ammucchiato giacche, cappotti, borse, pullover, sciarpe. Le ragazzine del gruppo mi circondano ridendo, mi stringono, mi colpiscono con tocchi rapidi dei fianchi intrappolandomi nella danza. Io sorrido e grido qualcosa. Una ragazza mi abbraccia, mi bacia, cerca di stringermi a sé. Una persona si avvicina e mi trascina via. E’ Belén con un cappello rasta e un cannone di 12 centimetri in bocca. “Do you like the other side of Belén?”, mi chiede ridendo. La guardo sorpreso e sorrido, “I like it”. Gli UB40 iniziano a suonare “Can’t Help Falling in Love”. Balliamo abbracciati per tutta la sera e la notte.
Pic: UB40 live at RDS
Song: UB40 - Red Red Wine
Link: www.rds.ie
Mi sento euforico, un po’ mi tremano le gambe per la corsa che ho fatto e per la violenza dell’urto, per il fatto di trovarmi immerso in una folla che sempre, allo stadio, nei palasport, negli shopping centre mi dà un senso immediato di soffocamento. Poi tutto passa, finche' non prendo coscienza di essere io stesso non più soltanto un individuo separato, ma l’elemento di un fatto collettivo. Così inizio a guardare non più con i miei occhi, ma con quelli della folla. Mi abbandono alla musica ai salti di chi mi sta attorno – una distesa di capelli chiari e di volti giovanissimi – alle danze, agli spintoni, alle urla. Il rimbombo della musica è assordante. Alcune migliaia di persone stipate nella sala che sudano, fumano, gridano, ballano, si abbracciano, si liberano di qualche indumento facendolo volteggiare nell’aria, si baciano, si urtano nel tentativo di giungere sotto al palco, là in fondo. Io mi metto ai margini della folla e vado nella catering hall grande quanto la main hall, giusto adeguata a questo simpatico popolo di alcolizzati. Centinaia di irlandesi mangiano chicken sandwich, hot dog, chocolate crepes e ovviamente pinte e pinte di Miller e Budweiser sopra un pavimento diventato un pantano di birra e fango. Torno nella main hall. Non riuscirò mai a trovare Belén, che – penso - arrabbiata non risponde ai miei messaggi sul cellulare. Sarebbe un miracolo trovarla, anche se ai miracoli io ho sempre, sinceramente, creduto. Bevo una birra e fumo finchè non mi sento completamente dissolto nell’onda collettiva che salta e canta. Mi muovo sulle gambe e scrollo la testa.
La musica incalza fortissima. I colpi della batteria elettronica sparati a qualche migliaio di watt fanno vibrare la cupola della sala. La luce sul palco è rosso intenso. Gli spettatori si divincolano, si contorcono sui fianchi, ancheggiano convulsamente pur seguendo un ritmo preciso. C’è gente che salta, altra che grida, chiome che oscillano freneticamente, braccia stese in alto, dritte, lunghissime, riccioli neri, nuche grondanti sudore, schiene, gambe, busti che oscillano e si agitano. Io mostro il mio braccialetto rosa - dato a chi ha prenotato i biglietti e ha diritto a stare sotto il palco - e mi trovo improvvisamente nel mezzo di un gruppo di cinque-sei ragazzi che ballano in circolo difendendo quasi selvaggiamente la loro porzione di spazio. In terra hanno ammucchiato giacche, cappotti, borse, pullover, sciarpe. Le ragazzine del gruppo mi circondano ridendo, mi stringono, mi colpiscono con tocchi rapidi dei fianchi intrappolandomi nella danza. Io sorrido e grido qualcosa. Una ragazza mi abbraccia, mi bacia, cerca di stringermi a sé. Una persona si avvicina e mi trascina via. E’ Belén con un cappello rasta e un cannone di 12 centimetri in bocca. “Do you like the other side of Belén?”, mi chiede ridendo. La guardo sorpreso e sorrido, “I like it”. Gli UB40 iniziano a suonare “Can’t Help Falling in Love”. Balliamo abbracciati per tutta la sera e la notte.
Pic: UB40 live at RDS
Song: UB40 - Red Red Wine
Link: www.rds.ie